Una stretta contro i ‘furbetti‘ del divorzio. È quella che è stata inserita dalla commissione Lavoro del Senato. È stato approvato, infatti, l’emendamento della Lega che prevede che qualora la separazione o il divorzio sia avvenuto dopo il primo settembre 2018, gli ex coniugi che facciano domanda di reddito di cittadinanza devono certificare di non risiedere più nella stessa casa con “apposito verbale della polizia municipale”. Il riferimento è alla norma sul reddito di cittadinanza, che favorirebbe in modo percentuale i single per l’erogazione del beneficio. La Commissione ha poi sospeso i lavori: ritornerà a riunirsi alle 21, per cercare di terminare l’esame dell’articolo 2.
La riunione della commissione era stata preceduta da una riunione a palazzo Chigi. All’incontro hanno partecipato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il vicepremier Luigi Di Maio e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti e il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, oltre ai sottosegretari al Tesoro Massimo Garavaglia (Lega) e Laura Castelli (M5S). Obiettivo della riunione affrontare i nodi della misura che disciplina reddito di cittadinanza e quota 100, dopo che la Lega ha presentato molti emendamenti che depotenzierebbero la misura simbolo del M5s.
Intanto la commissione Bilancio del Senato si è riunita per dare i pareri sulle proposte di modifica. La Bilancio ha bocciato per problemi di coperture varie proposte per rafforzare reddito e pensione di cittadinanza perché “molto onerose” nelle formulazioni degli emendamenti, ma la Castelli ha detto che il governo si impegna “a trovare le risorse per l’Aula”. Tra gli emendamenti al momento bocciati ci sono quello dei Cinque Stelle che estendeva gli incentivi per chi assume beneficiari del reddito alle famiglie che assumono colf e badanti e quello della Lega che chiede la pensione di cittadinanza anche per i nuclei con persone più giovani dei 67 anni se in famiglia ci sono disabili.
No anche alla ‘mini-tassa’ per attirare in Italia lavoratori dall’estero. La proposta consentiva a chi sceglieva di trasferire la residenza in Italia di pagare le tasse per 5 anni solo sul 30% del reddito, percentuale che scendeva al 10% per chi sceglieva le regioni del Sud. Lo sconto durava per altri 5 anni per chi veniva con almeno un figlio o comprava casa, ma pagando sul 50% del reddito. Tutti gli emendamenti andranno comunque poi votati dalla commissione di merito, la Lavoro.