La Commissione Europea e alcune aziende private hanno dato vita a un progetto per lo sviluppo di imballaggi per alimenti a base biologica capaci di ridurre gli sprechi ed estendere la durata di conservazione dei cibi. Il primo prodotto è già stato approvato per la commercializzazione nell'UE.
La Commissione Europea ha finanziato il progetto Biosmart a cui prende parte anche l’Italia, mirato alla realizzazione di imballaggi a base biologica per alimenti. L’obiettivo è ridurre gli sprechi con l’impiego di materiali compostabili, biodegradabili o riciclabili. In più gli imballaggi saranno capaci di monitorare ed estendere la durata di conservazione dei cibi. Ci sono già i primi frutti: un involucro biodegradabile che incorpora un sensore di ossigeno per monitorare lo stato di conservazione degli alimenti.
Biosmart fa fronte a due necessità. La prima è quella di ridurre l’inquinamento dovuto alla grande quantità di imballaggi alimentari in plastica non biodegradabile, a volte in combinazione con altri materiali come l’alluminio. Questo ne rende difficile il riciclaggio. La seconda necessità è quello di ridurre gli sprechi di cibo. Secondo studi citati dalla Commissione Europea, fino al 40% del cibo prodotto a livello globale viene sprecato perché andato a male o mal conservato. Da qui l’idea di trovare soluzioni economiche e impiegabili su larga scala per controllare lo stato dei cibi e prolungarne la conservazione. Si parla di usare sensori, antimicrobici e antiossidanti bioattivi. Biosmart si presenta quindi come soluzione 2-in-1.
La soluzione con sensori di ossigeno integrati nella pellicola bioplastica da imballaggio è volta a rilevare se la pellicola che avvolge le confezioni sia integra o danneggiata. Amaya Igartua del centro di ricerca IK4-Tekniker di Eibar, in Spagna, e coordinatore del progetto, spiega che “monitorando i livelli di ossigeno negli imballaggi per alimenti, è facile capire se l’atmosfera controllata nella confezione è stata alterata a causa della rottura della confezione o del deterioramento del cibo”.
I prossimi obiettivi sono integrare negli imballaggi bio sensori di anidride carbonica e ammine. L’anidride carbonica è tipicamente utilizzata in imballaggi in atmosfera modificata (MAP) per sostituire l’ossigeno come mezzo per inibire la crescita dei batteri. I gas dell’ammina sono quelli che si generano durante la degradazione il pesce o carne. Alti livelli di ammina possono indicare il deterioramento degli alimenti e un potenziale rischio di intossicazione.
Strutturalmente gli imballaggi oggetto di studio sono sia flessibili che rigidi, per far fronte a tutte le necessità oggi soddisfatte dalla plastica. L’ideale è di arrivare a realizzare anche materiali più leggeri per ridurre il peso delle merci e ridurre così l’impatto ambientale che questo fattore ha sul trasporto dei prodotti alimentari.
Il progetto si concluderà nell’aprile del 2021, e il team che lo segue ha già organizzato numerosi eventi internazionali per spingere l’adozione sul mercato di queste soluzioni. Il prodotto con sensori di ossigeno è già stato approvato per l’uso nell’UE, un’adozione su larga scala può favorire ulteriori investimenti a lungo termine per la creazione di altri imballaggi intelligenti a base biologica. Secondo i ricercatori “il potenziale per nuove applicazioni per i materiali biodegradabili è una strada entusiasmante per gli sviluppi futuri”.