Carissimo Sant’Agostino, nei tuoi scritti teologico-filosofici hai sostenuto che Dio è l’interno-esterno; il presentissimo e il remotissimo. Tutta la dottrina ha ritenuto che, con quell’affermazione, tu avessi disvelato la caratteristica principale del mondo occidentale, e cioè il fatto di non accontentarsi di venerare da lontano la divinità e il sacro, ma di avere la necessità di farlo scendere in Terra perché potesse condurre le scelte di tutti i giorni, da quelle religiose a quelle laiche. Così è nata ed è cresciuta la politica e la forma-Stato, cioè l’espressione laica e terrena del divino.
Ecco che l’Occidente vive ed è vissuto alimentandosi del suo sacro: si è passati “dalla società religiosa, dove ogni potenza e potere appartenevano a Dio (…) alla società politica, dove il potente era il sovrano e poi il popolo” (Magatti, Oltre l’Infinito). In epoca moderna, questo spostamento antropologico della potenza dal trascendente al laico ha trovato la sua espressione nella tripartizione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), decidendo per il trasferimento del sacro dal popolo ai suoi rappresentanti.
Proprio questa simbologia ha segnato l’evoluzione delle democrazie liberali. Oggi viene preconizzata la fine della democrazia. Questo nuovo ed eversivo passaggio sarebbe segnato dai populismi, dal linguaggio della rete e, nel nostro Paese, dal governo giallo-verde di Lega e 5stelle. Ma il salto simbolico verso questo “oltre” indecifrabile ed eversivo, ritenuto dai suoi detrattori come una sciagura, sarebbe avvenuto proprio in queste ore, con il voto sulla piattaforma Rousseau per decidere se mandare oppure no a processo il vicepremier Matteo Salvini per i fatti della nave Diciotti. L’averlo affidato a una platea sconosciuta – selezionata solamente dalla Casaleggio e associati e senza alcuna verifica di affidabilità dei voti espressi – sarebbe un’eresia troppo grande da essere tollerata per una forma statuale democratica.
Il fendente decisivo contro questa scelta politica del Movimento è venuto da una parte dei suoi adepti: posto che i 5stelle hanno sempre ritenuto il politico come un individuo privo di guarentigie e un comune cittadino al pari di tutti gli altri, com’è possibile chiedere di poter bloccare un procedimento giudiziario con un rappresentante del popolo, quand’anche coinvolga un alleato di governo?
E invece – al di là delle petizioni di principio e degli strali di quei sacerdoti che invocano un’infedeltà dogmatica in coloro che hanno pensato a questa via “social” per dirimere la controversia politica – la base del Movimento, intesa come iscritti alla piattaforma web, si è espressa contro l’azione della magistratura. Uno scandalo per l’integrità dei valori di quel partito? Per di più, lo stesso giorno, la magistratura ha arrestato i genitori dell’ex premier Matteo Renzi, che non hanno potuto invocare alcuna guarentigia. Ma allora, questo potere dello Stato (la magistratura, appunto), quando non è bloccato dalla politica, agisce bene e il limite alla sua funzione etica è sempre e solamente quello dei politici che, appena possono, si frappongono alla “legalità”?
Ritengo che la questione sia molto più profonda e che queste due vicende, casualmente accadute nello stesso momento, quasi alla stessa ora, denotino un qualcosa di assai differente dalla sola bagarre giornalistica tra le malefatte presunte o vere della famiglia Renzi – contrapposte e sovrapposte ai 5stelle, paladini della giustizia ma forse anch’essi ormai corrotti dal potere e dai privilegi – e la risibilità di far decidere una questione tecnico-giuridica tanto complessa a sconosciuti fan dei pentastellati.
Quello che è in gioco è una lotta tra mondi del sacro: la magistratura, la politica e le nuove tecnologie, cioè la gente che si esprime secondo nuovi linguaggi. Tutto questo accentuato dalla realtà italiana dove, oramai dal 1992, la politica e il popolo avevano consegnato le chiavi del sacro e del verbo unico alla magistratura. Ci avevano tentato tutti, a bloccare l’azione simbolica di quella religione pagana dell’etica pubblica. Ma, di fatto, non era mai accaduto che lo “stop” venisse dato con queste modalità.
Non è stata un’operazione di Palazzo; il desiderio di farla passare per questo è dettata, per alcuni, dallo scontro politico tra fazioni parlamentari oppure, per altri, dallo spasmodico desiderio di tutelare il sacro della tradizione ultima, cioè la magistratura. Invece questo voto anomalo e punk è stato molto, anzi moltissimo di più: ha segnato la mutazione del sacro e l’inizio del suo cambiamento simbolico.
Dopo esattamente 27 anni di orgasmo giudiziario (è del febbraio 1992 l’arresto di Mario Chiesa e l’inizio di Tangentopoli) la gente (certo, una minoranza, su una piattaforma sconosciuta nelle sue regole operative; ma non importa) ha detto ai propri rappresentanti politici, da sempre fautori della “giustizia prima di tutto”, che il governo deve continuare, che Salvini ha operato per un interesse nazionale e che la magistratura non è l’unico Santo Graal possibile e immaginabile. E, contemporaneamente, il clero del vecchio sacro ha arrestato i genitori di un esponente politico di rilievo come Matteo Renzi.
Se vi è stata giustizia a orologeria, questa volta non è stato per coprire il voto “farlocco” dei 5stelle o per colpire Renzi in un momento particolare della sua parabola politica, ma per combattere il nuovo sacro e il suo nuovo simbolismo. Habermas ha sostenuto che il rito è quell’insieme di atti che permettono di stabilire un contatto col divino. Ebbene, vuoi vedere che, in epoca di Instagram e social network, il linguaggio è così radicalmente cambiato che la gente non sente più il contatto col divino cedendo potenza e sovranità alla magistratura?