Sesso e adolescenti in Italia: come siamo messi? A raccontarlo è l’ultimo “Studio Nazionale Fertilità” promosso dal Ministero della Salute e concluso a fine 2018 dopo le anticipazioni date a settembre, che per la prima volta scatta una fotografia completa delle conoscenze, dei comportamenti e degli atteggiamenti in ambito sessuale e riproduttivo delle diverse fasce della popolazione, a partire dai giovanissimi.
Il rapporto è un tuffo statistico nel mondo degli adolescenti: il campione analizzato racchiude 16.063 studenti di età compresa tra 16 e 17 anni. In totale 941 classi terze di 482 scuole secondarie di secondo grado, con un tasso di risposta dei ragazzi molto alta, pari all’80 per cento.
E cosa viene fuori? Un interessante quadro. Ad esempio emerge una sovrastima da parte dei ragazzi e delle ragazze sull’adeguatezza delle informazioni in loro possesso. E, dato non da poco, sui temi legati al sesso e alla salute sessuale e riproduttiva nella maggior parte dei casi, ovvero nell’89 per cento per i maschi e nell’84 per cento per le femmine, le informazioni vengono cercate su Internet.
Naturale, certo. Ma con i pro e i contro. A quell’età mi informavo sui giornali per ragazzine come Cioè e Top Girl e avevo la consapevolezza che per gli uomini non c’era invece la stessa possibilità. Internet, pare, abbia aggiustato un po’ le cose. Rispetto al 2010, anno di riferimento per il confronto, è aumentata ad esempio la consapevolezza dei fattori di rischio e di quelli protettivi per la riproduzione (come età e stili di vita). Si sa di più di alcune infezioni a trasmissione sessuale (come epatite virale, sifilide, gonorrea, papilloma virus e clamidia), si è più preparati sui metodi contraccettivi in grado di proteggere dalle malattie sessualmente trasmissibili.
Più Internet, quindi, ma meno specialisti: restano poco conosciuti e frequentati i consultori e i medici specialisti. Un problema visto che circa un adolescente su tre ha dichiarato di aver già avuto rapporti sessuali completi (35% dei maschi e 28% delle femmine): l’85 per cento dei maschi non ha mai visto un andrologo, il 67 per cento delle ragazze non è mai andato dal ginecologo. Il 3 per cento dei ragazzi non sa neanche chi sia.
Un problema legato solo per metà all’età. Tra gli studenti universitari, infatti, mentre il 75 per cento delle studentesse dice di aver effettuato una visita ginecologica, solo uno studente su quattro dichiara di essere stato dall’andrologo. E il consultorio? Ci si sono rivolte il 34 per cento delle studentesse intervistate, mentre è stato utilizzato solo dal 13 per cento dei maschi.
Accade così che resti stabile la percentuale di chi non utilizza alcun metodo contraccettivo (10 per cento) e che, seppur aumenti il numero di chi usa il preservativo (evviva) sfiorando il 99 per cento, aumenti pure il ricorso al coito interrotto (26 per cento) e del calcolo dei giorni fertili (11 per cento). Di sesso e sentimenti non se ne parla in famiglia, il 94 per cento dei ragazzi chiede che sia la scuola a garantire l’informazione già a partire dalle scuole medie (60 per cento) e che lo faccia attraverso personale esperto esterno.
In effetti servirebbe: il rischio, infatti, è che il 22 per cento dei giovani continui a credere che la pillola o gli altri contraccettivi ormonali siano in grado di proteggere dalle malattie e dalle infezioni. O che l’anemia mediterranea sia trasmissibile con i rapporti sessuali.