La procura contestava all'istituto di aver inviato illegalmente i suoi consulenti finanziari nel Paese per contattare la ricca clientela di Ubs Francia avvicinandola durante ricevimenti, battute di caccia ed eventi sportivi e convincerla ad aprire conti non dichiarati nella Confederazione. La banca annuncia ricorso e sostiene che la sentenza "mina la sovranità della legge svizzera e pone questioni significative di territorialità"
Il Tribunale correzionale di Parigi ha comminato una multa da 3,7 miliardi di euro, esattamente quanto chiesto dalla Procura nazionale finanziaria, alla banca svizzera Ubs per aver aiutato i clienti a evadere il fisco. In particolare, Ubs è accusata di aver consentito a facoltosi clienti francesi di nascondere fondi in conti svizzeri non dichiarati e di aver fornito servizi bancari per riciclarne i proventi. Il processo è stato aperto lo scorso autunno dopo sette anni di indagini, avviate quando diversi ex dipendenti si sono fatti avanti parlando di condotte illecite. Si tratta della pena più pesante mai inflitta dalla giustizia francese in un caso di evasione fiscale. Tramite i suoi avvocati Ubs ha subito fatto sapere che farà appello.
Il processo si è svolto in autunno e ha visto il principale gruppo bancario elvetico – che è anche il principale gestore patrimoniale al mondo – accusato di fornitura illecita di servizi finanziari a domicilio (“démarchage”) e riciclaggio aggravato del provento fiscale. Alla banca è stato contestato di aver inviato illegalmente i suoi consulenti finanziari in Francia per contattare la ricca clientela di Ubs Francia avvicinandola durante ricevimenti, battute di caccia ed eventi sportivi e convincerla ad aprire conti non dichiarati nella Confederazione. Ubs era anche sospettata di aver istituito una doppia contabilità, per mascherare i movimenti di capitali illeciti tra i due paesi. Per la Procura si è trattato di un “sistema di frode di portata eccezionale” attuato fra il 2004 e il 2012. La difesa dal canto suo aveva cercato di smontare un’accusa che voleva “dimostrare un sistema globale” di frode e aveva chiesto l’assoluzione.
La filiale francese di Ubs è a sua volta stata condannata a una multa di 15 milioni di euro per complicità. Anche in questo caso è stato dato seguito alla richiesta dei pm.
Lo Stato, in quanto parte civile, aveva dal canto suo chiesto un risarcimento danni di 1,6 miliardi, ma il tribunale ha concesso soltanto la cifra di 800mila euro. Subito dopo la sentenza il titolo della maggiore banca elvetica ha iniziato una rapida discesa e al momento perde oltre il 3% in un listino in lieve rialzo.
Ubs ha diffuso un comunicato in cui spiega di essere “in forte disaccordo con il verdetto” e fa sapere che presenterà ricorso perché “la condanna non è supportata da alcuna prova concreta, ma si basa invece su accuse infondate di ex dipendenti che non erano nemmeno stati ascoltati nel corso del processo”. Secondo Ubs – che sostiene di avere offerto “servizi legittimi e standard di diritto svizzero comuni ad altre giurisdizioni”- la sentenza “applica alla Svizzera la legislazione francese”, una scelta che “mina la sovranità della legge svizzera e pone questioni significative di territorialità”. “Il verdetto manca anche di prove e di una metodologia credibile per il calcolo della multa e dei danni” conclude Ubs.
In seguito alla crisi finanziaria iniziata nel 2007, le autorità di tutta Europa hanno dato un deciso giro di vite in tema di evasione fiscale e pratiche bancarie dubbie: una pressione che ha spinto la Svizzera a venire meno alla sua tradizione di segreto bancario, unendosi agli oltre 90 paesi che hanno accettato di condividere tra loro alcune informazioni relative ai clienti. Ubs era già stata coinvolta in casi di questo tipo, in particolare negli Stati Uniti, dove secondo le autorità ha utilizzato il segreto bancario svizzero per aiutare ricchi clienti a evitare le imposte. Accuse che hanno portato a un accordo tra la banca e le stesse autorità americane da 780 milioni di dollari.