La privacy dei dispositivi per la domotica torna agli onori delle cronache per un “passo falso” commesso da Google. Riguarda il Nest Guard, un sistema di allarme e sicurezza domestico dotato di tastiera e sensore di movimento. Integra anche un microfono, ma nessuno lo sapeva perché l’azienda si era dimenticata di elencarlo nelle specifiche.
La questione è venuta a galla a seguito di un aggiornamento ufficiale avvenuto a inizio febbraio, che rende l’assistente vocale di Google compatibile con Nest Secure. Come può un prodotto senza microfono recepire dei comandi vocali? La risposta è che il microfono c’è, ma gli utenti che lo avevano in casa non lo sapevano.
Il sito di tecnologia statunitense Business Insider ha contattato l’azienda, un portavoce di Google ha spiegato che c’è stato “un errore”. “Non era concepito per essere un componente segreto, avrebbe dovuto essere elencato nelle specifiche tecniche”. Lo stesso portavoce assicura poi che “il microfono non è mai stato attivo e si avvierà solo quando gli utenti lo abiliteranno intenzionalmente tramite l’apposita opzione”. Perché allora c’era? Perché Google aveva messo in conto l’eventualità di aggiungere in futuro nuove funzionalità al prodotto. Per esempio, la capacità di rilevare la rottura di un vetro.
Le dichiarazioni di per sé sono confortanti. Ma da un’azienda delle dimensioni e con la potenza di Google ci si aspetterebbe maggiore attenzione ai dettagli. Soprattutto in un momento storico in cui i consumatori sono sempre più diffidenti nei confronti delle aziende tecnologiche, e sempre più preoccupati per la loro privacy. Il fatto che Sonos nel 2010 abbia commesso la stessa dimenticanza con i suoi altoparlanti domestici non è una scusante. Anzi, avrebbe dovuto insegnare a non ripetere lo stesso errore.