Il dicastero guidato da Alfonso Bonafede ha inviato una lettera alla procura tedesca competente nell’applicazione della sentenza sul rogo del 2007 avvenuto alla sede di Torino della ThyssenKrupp che ha condannato i due manager tedeschi Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz. Ieri la trasmissione di Italia 1 ha rivelato che i due hanno chiesto l'archiviazione del procedimento
Chiarimenti urgenti ed “eventuali aggiornamenti in merito al processo”. Dopo le rivelazioni fatte ieri da Le Iene sul caso ThyssenKrupp, il ministero della Giustizia ha inviato una lettera alla procura di Essen, città del Land Nord Reno-Vestfalia, competente nell’applicazione della sentenza sul rogo del 2007 avvenuto alla sede di Torino della Thyssen. Secondo la trasmissione di Italia 1, i due ex manager dell’azienda, Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, condannati in via definitiva per il rogo del 2007 avvenuto alla sede di Torino in cui persero la vita sette operai, ma tuttora liberi a 11 anni dalla strage, avrebbero chiesto di archiviare il procedimento, che vedrebbe riconosciuta anche in Germania la sentenza italiana, per “irregolarità nel processo”.
Nella missiva, il dicastero guidato da Alfondo Bonafede, chiede di verificare la veridicità delle notizie, ma soprattutto vuole avere una “conferma delle conclusioni, già avanzate dalla procura di Essen, con le quali si è chiesto il riconoscimento ed esecuzione della sentenza” come precedentemente comunicato con una nota del novembre scorso.
Nel 2016 la Corte di Cassazione aveva confermato tutte le condanne per i dirigenti ritenuti colpevoli dell’incidente nell’acciaieria: oltre a Espenhahn e Priegnitz, condannati rispettivamente a 9 anni e 8 mesi e a 6 anni e 10 mesi, anche Cosimo Cafueri (responsabile della sicurezza), condannato a 6 anni e 8 mesi, Marco Pucci (consigliere del cda) a 6 anni e 10 mesi, Raffaele Salerno (Direttore dello stabilimento di Torino), 7 anni e 2 mesi, Daniele Moroni (dirigente area tecnica e servizi), 7 anni e 6 mesi. Ma, mentre i quattro italiani si sono subito consegnati alle autorità per scontare la pena, i due tedeschi sono fuggiti in Germania, rifiutando l’esito del processo e chiedendo di scontare gli anni in patria.
Intanto proprio oggi uno degli italiani condannati, Pucci, ha ottenuto l’affidamento ai servizi sociali e ha potuto lasciare il carcere di Terni dove era detenuto dal maggio del 2016. L’ex manager – all’epoca dei fatti di Torino responsabile commerciale dell’area marketing e successivamente per un periodo amministratore delegato dell’Ast di Terni – già nel giugno 2017 aveva ottenuto la possibilità di svolgere un lavoro esterno al carcere, come consulente in un’azienda del posto, con obbligo di rientro in cella alle 18.30. Pucci ha anche chiesto la grazia al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ancora in carcere, invece, l’altro manager ternano coinvolto nello stesso processo, Moroni, che ha però ottenuto il beneficio di lavorare all’esterno con obbligo di rientro in cella alle 22. Anche il suo legale, l’avvocato Attilio Biancifiori, presenterà nei prossimi mesi, appena lo permetteranno i termini, la richiesta di affidamento ai servizi sociali. “Moroni ha accettato la sua condizione – spiega il legale – e vive questo stato di detenzione con serietà e senso di responsabilità”.