Gli investigatori hanno quantificato in 99mila euro i cadeaux che la Intermarket Diamond Business ha fatto negli anni ai vertici degli istituti coinvolti nell'indagine, tra cui il dg di Banco Bpm Maurizio Faroni. I clienti raggirati hanno raccontato di essere stati "indotti in errore con il contributo determinante dei consulenti finanziari o dei direttori di filiali di cui si fidavano". Mps: "Stiamo già rimborsando i danneggiati"
Viaggi e oggetti di archeologia regalati ai dirigenti delle banche che avrebbero poi venduto i suoi diamanti alla clientela a prezzi gonfiati, presentandoli come un investimento “blindato”. Gli investigatori hanno quantificato in circa 99mila euro i cadeaux che la Intermarket Diamond Business spa (nel frattempo finita in procedura fallimentare) ha fatto negli anni ai vertici degli istituti coinvolti nell’inchiesta della Procura di Milano che ieri ha portato a un sequestro preventivo da oltre 700 milioni di euro e che vede tra gli indagati per la legge sulla responsabilità amministrativa Banco Bpm, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps e Banca Aletti. Dalle indagini emerge anche che Idb ha aderito all’aumento di capitale di Unicredit avvenuto nel 2012 e a quello del Banco Popolare del 2014.
La Idb, stando alle 83 pagine del decreto di sequestro firmato dal gip di Milano, Natalia Immarisio, avrebbe fatto “una serie di regali ai vertici del Banco Bpm e di Unicredit” nonostante “negli accordi si prevedesse espressamente che nessun dipendente, impiegato, funzionario, o incaricato della banca” potesse “dare o ricevere… commissioni, compensi, benefici, regali”. Nel pc di uno dei dirigenti di Idb, le Fiamme gialle hanno trovato “una serie di elenchi di nominativi e una serie di mail aventi ad oggetto i soggiorni presso strutture alberghiere” tra il 2012 e il 2016 e molti avrebbero ricevuto manufatti archeologici in regalo. Si parla poi di “voucher regalo” del valore di 845-950 euro “cadauno”. Il dg di Banco Bpm Maurizio Faroni, accusato di concorso in truffa, autoriciclaggio e ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza, avrebbe ricevuto anche “regali archeologici“, ossia “oggetti di archeologia”.
Le circolari ai dipendenti: “Presentarli come prodotto redditizio” – “Il diamante non deve essere proposto come gioiello ma come investimento“, diceva, intercettato nel maggio del 2017, un dirigente del Banco Bpm al telefono con un collega. “Fare l’investimento, non venderlo come gioiello, rendimento atteso, c….!”, diceva nella stessa telefonata l’altro dirigente dell’istituto. Negli atti si parla, tra l’altro, di “due circolari” del 2003-2004 della Banca Popolare di Verona e Novara (poi Banco Popolare, che si è fuso con Bpm) e di Banca Aletti, anch’essa indagata come ente, “recanti l’esplicita direttiva ai dipendenti di proporre i diamanti non come gioielli ma come investimento”, presentandoli come un “prodotto redditizio” in quanto “sicuro, da oltre vent’anni non conosce ribassi” con “plusvalenze medie annuali di 7-8 punti percentuali“. Un dirigente di Banco Bpm, si legge sempre negli atti, aveva definito “allucinante” il contenuto di quelle circolari. Per il gip da questi scambi e dalla documentazione acquisita appare evidente “il ruolo spiccato” di “diversi dirigenti Bpm” nelle presunte truffe e “il consapevole coinvolgimento del management”. Le commissioni connesse alla vendita dei diamanti da investimento da parte del Banco Bpm, “in ragione dei vari accordi di collaborazione sottoscritti con Idb” sono passate dal 5% del 1984 al 24,5% del 2016.
“Le commissioni hanno irrobustito i bilanci delle banche” – Le commissioni versate da Idb e Dpi, secondo il gip, “seppure marginalmente basse, in termini percentuali, rispetto ai ricavi complessivi delle banche, erano integrate da importi in assoluto ingentissimi. Tali da fondare, in ogni caso, un evidente interesse anche da parte dell’istituto di credito alla collaborazione”. “E’ anzi evidente – prosegue il gip – come le banche abbiano ‘irrobustito’ i propri bilanci grazie alle commissioni incassate dalla vendita di diamanti da investimento, notevolmente superiori ai rendimenti garantiti dalla commercializzazione di altri prodotti finanziari in una fase di difficile congiuntura economica, che si aggiravano all’1-2%”. Le banche erano principalmente incentivate “dalle altre provvigioni” che le due società riconoscevano loro “sino al 18% ed eccezionalmente oltre, con gli accordi di rappel”, dalla fidelizzazione dei clienti “che spesso compravano le cassette di sicurezza per conservare in deposito i diamanti” e “dai benefit personali riconosciuti ai dirigenti più alti”, scrive il pm di Milano Grazia Colacicco, titolare dell’indagine. Considerazioni che il gip Natalia Imarisio condivide nel decreto di sequestro.
“Clienti indotti in errore da consulenti finanziari e direttori di filiali” – “Tutte le parti offese” sentite dai pm di Milano e dagli uomini della guardia di finanza “hanno sostanzialmente dichiarato di essere state indotte in errore con il contributo determinante dei consulenti finanziari o dei direttori di filiali che da anni conoscevano e di cui si fidavano, che avevano loto proposto di acquistare diamanti, fornendo una serie di informazioni false e fuorvianti sulla natura dell’investimento” in preziosi, scrive il gip. “L’acquisto di diamanti veniva proposto e non solo segnalato, a volte in modo insistente, occupandosi il bancario in prima persona (su precise direttive interne) delle relative trattative, svolte di solito all’interno della filiale”. E in alcuni casi i funzionari avevano contattato direttamente i clienti, convincendoli a disinvestire altri “investimenti già in essere” per “acquistare diamanti in quanto più remunerativi“.
Banco Bpm: “Attività precedenti alla fusione” – Banco Bpm sottolinea in una nota che le indagini “si riferiscono all’attività di segnalazione a IDB della clientela interessata all’acquisto di diamanti nel periodo che va dal 2003 al 2016 e dunque prima della data della fusione tra Banco Popolare e Bpm”. L’istituto guidato da Giuseppe Castagna ha deliberato “adeguati accantonamenti nel bilancio 2018 necessari a presidiare i rischi potenziali connessi alle vertenze e alle conseguenze di tale accadimento a tutela dei propri clienti, con i quali la banca già da mesi ha in corso la definizione di numerosi casi molti dei quali già risolti”. Inoltre “sin dall’avvio del procedimento” la banca, “confidando pienamente nell’operato delle autorità inquirenti, ha collaborato con la magistratura nello svolgimento delle indagini, fornendo fattivo supporto nell’individuazione degli elementi necessari per fare luce sugli eventi inerenti le vendite di Idb ai propri clienti”.
La presidente Mps: “Stiamo rimborsando i consumatori” – Stefania Bariatti, presidente di Mps, attualmente controllata dal Tesoro, ha commentato la notizia dell’indagine dicendo: “Noi ci siamo difesi davanti all’Antitrust, siamo stati sanzionati e non abbiamo impugnato la decisione dell’autorità. Adesso stiamo leggendo le carte, siamo già partiti da mesi con il rimborso anche se forse la stampa non se n’è accorta (Il Fatto Quotidiano ne ha scritto a novembre, ndr) e nemmeno qualche associazione di consumatori, e rimborsiamo al 100% i consumatori”. Sulle possibili accuse a carico della banca, “leggiamo le carte e vediamo cosa ci viene notificato”.