A dieci anni dalla più grande confisca di beni alla criminalità organizzata mai avvenuta in tutto il Nord Italia, 115 locali dei quali 96 nel centro storico di Genova, solo due immobili sono stati riassegnati a uso sociale come previsto dalla legge. Gli appartamenti che furono della famiglia Canfarotta, da sempre degradati, sono ormai pericolanti e fatiscenti, i locali a piano strada sembrano più simili a grotte che a cantine, dentro a molti di questi spazi continuano a verificarsi gli illeciti che portarono al sequestro prima e alla confisca poi: sfruttamento della prostituzione e occupazioni abusive.
Chi vive e lavora nel sestiere della Maddalena denuncia tutto questo da anni, ma gli elementi che emergono dall’audizione in Municipio I Centro Est della coadiutrice dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata (che sotto la vigilanza del Ministro dell’Interno dovrebbe custodire e mantenere in sicurezza i locali per tutta la durata dell’iter di assegnazione) ufficializzano una situazione paradossale.
Raggiunta dai microfoni de ilfattoquotidiano.it Carla Ricci, commercialista e revisore contabile che da alcuni mesi ha preso il testimone dei precedenti coadiutori, esasperata dalla situazione di stallo, si sfoga con la massima trasparenza: “Dall’Agenzia mi fanno capire che non hanno fondi per mettere in sicurezza gli edifici che le perizie dichiarano a rischio crollo. Molti di questi immobili risultano occupati e a nulla serve cambiare serrature, in alcuni casi, nel periodo del sequestro, sono stati firmati regolari contratti di affitto che, fino a nuova assegnazione, consentono a diversi soggetti di abitare questi locali. Una situazione pericolosa che ho più volte presentato con istanze alla sede centrale, ma penso sia importante specificare che non ho mai ricevuto risposte”.
Quello che in questi mesi la referente genovese ha provato (invano) a ottenere dall’Anbsc è l’autorizzazione a intervenire per mettere in sicurezza i locali, facendosi affiancare da una figura tecnica, avere stanziamenti necessari per pagare le spese di amministrazione ai condomini dove insistono i beni confiscati, attivare un’assicurazione che tuteli l’Agenzia in caso di danni a terzi causati dallo stato pietoso nel quale versano i locali.
Pochi mesi fa, dall’ultimo piano di un immobile confiscato si è staccato un pezzo di cornicione che ha sfiorato un passante, le condizioni di pericolo erano state denunciate in data 9 agosto al Sindaco di Genova Marco Bucci, ma nulla era stato fatto per mettere in sicurezza il vicolo, dove ora è stata montata un’impalcatura per ridurre i danni di eventuali nuovi crolli. Qualche settimana fa, i Vigili del Fuoco sono dovuti intervenire per spegnere un principio di incendio partito da un locale confiscato occupato abusivamente. Negli anni gli abitanti hanno avanzato esposti e organizzato numerose iniziative per chiedere di velocizzare l’iter di assegnazione e messa in sicurezza dei locali, ma a oggi non si è mosso nulla.
“L’effetto paradossale – denuncia con amarezza Andrea Piccardo, residente e commerciante del quartiere della Maddalena – è che la confisca abbia un effetto controproducente rispetto a quello previsto dalla legge. Nei locali, infatti, continuano ad avvenire gli stessi illeciti che hanno portato al sequestro nel 2009 e alla confisca definitiva nel 2014”.Sfruttamento della prostituzione, occupazioni abusive in locali fatiscenti spesso senza servizi igienici, luce e gas.
“Ma qui arriviamo all’assurdo che, per lo meno, i prevenuti della famiglia Canfarotta pagavano regolarmente i contributi condominiali, l’Agenzia sembrerebbe ricevere canoni di affitto da alcuni degli occupanti, ma non sembra in grado né di controllare cosa avviene all’interno dei beni in sua custodia né di pagare la propria parte di spese di condominiali, lasciando che locali già degradati si deteriorino ulteriormente, con pericolo per chi ci vive e chi abita nel quartiere”.
Una situazione grottesca che alla Maddalena confermano tutti, quasi rassegnati dopo anni di lotta: “Sembra che per chi ci governa a livello locale e nazionale ormai la sicurezza sia una parola da associare alla guerra ai poveri – aggiunge Luca Curtaz, consigliere municipale del gruppo di lavoro sui beni confiscati – con multe a chi chiede l’elemosina o rovista nella spazzatura, mentre dagli immobili che dovrebbero essere gestiti dallo Stato cadono calcinacci sulle nostre teste”.