Alessio Feniello era entrato nella zona sotto sequestro del resort per portare un fiore al figlio e aveva ricevuto un decreto penale di condanna: 4550 multa. Ha presentato opposizione e il gip lo ha rinviato a giudizio. Al Fatto.it dice: "Vi sembra normale i magistrati, dopo che mi è stato ucciso un figlio, sprechino denaro pubblico (e le loro energie) per mandarmi a processo solo per aver portato fiori dove hanno ammazzato il nostro ragazzo? È una vergogna"
Un decreto di “giudizio immediato” per la sua “opposizione al decreto penale di condanna”. Porta la data del 20 febbraio, e la firma del gip di Pescara Elio Bongrazio, il documento giudiziario ricevuto da Alessio Feniello, il papà di Stefano, una delle giovani vittime del disastro di Rigopiano. E così l’uomo, che a inizio gennaio era stato condannato al pagamento di una multa di 4550 euro per aver violato l’area interdetta dell’hotel travolto dalla valanga, andrà a processo. La prima udienza è fissata per il 26 settembre.
Feniello era entrato nella zona rossa delle macerie del resort per portare un fiore al figlio deceduto a 28 anni. Un ragazzo, per certi versi, morto due volte, visto che inizialmente era stato annunciato nella lista dei sopravvissuti dall’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo. La macchina giudiziaria va avanti, nonostante l’indignazione collettiva e le parole di solidarietà spese, nei suoi confronti, anche dal vicepremier Matteo Salvini. “Ma vi sembra normale che in Italia i magistrati, dopo che mi è stato ucciso un figlio, sprechino denaro pubblico (e le loro energie) per mandarmi a processo solo per aver portato fiori dove hanno ammazzato il nostro ragazzo? È una vergogna. Una vergogna”, spiega Alessio Feniello a Ilfattoquotidiano.it.
Feniello si era opposto subito al pagamento di quella “multa del dolore”, come alcuni l’avevano ribattezzata. Era sì, certo, penetrato in quel cimitero di rottami e ricordi che un tempo ospitava una delle strutture alberghiere più rinomate del centro Italia; aveva “forzato” i sigilli di quello spazio sottoposto a sequestro giudiziario, benché le forze dell’ordine avessero diffidato lui (come chiunque altro) dal farlo. Ma l’aveva fatto esclusivamente per rendere un omaggio floreale, ideale al figlio Stefano. “Io non pago, e se necessario faccio tre mesi di carcere”, affermò a caldo. E il 18 gennaio, a due anni da quella catastrofe forse prevenibile, il suo avvocato ha depositato un’opposizione alla condanna pecuniaria. “Affronterò il processo. Una vergogna”, ripete Alessio Feniello.