Avere un brutto carattere mantiene giovani. Essere una persona è “un fottuto incubo”. La vita è un’assassina. In sintesi è su questi tre concetti fondamentali che si basa Russian Doll, serie ideata da Natasha Lyonne, Amy Poehler e Leslye Headland e diffusa su Netflix dal primo febbraio con una prima stagione di otto episodi. Quando è stata annunciata, Russian Doll lasciava intravedere un alto rischio di delusione: nel video promo una matrioska brucia e va in mille pezzi strato dopo strato. Troppo enigmatico per essere comico, troppo stiloso per essere drammatico. La garanzia contro ogni scetticismo ha un nome preciso: Natasha Lyonne, creatrice, sceneggiatrice e attrice protagonista nel ruolo di Nadia.
Nell’ultimo episodio – tranquilli, questo non è un vero spoiler – lei stessa si definisce “una donna molto in gamba, con gli occhiali di Andrew ‘Dice’ Clay e i capelli della ragazzina di The brave” e in effetti la folta chioma rossa e quel fare anni Ottanta sono il marchio distintivo di un personaggio geniale. Nadia è una programmatrice di videogiochi che abita a New York e conduce una vita non esattamente equilibrata: dice di amare le droghe più di chiunque altro, naturalmente fa molto sesso e frequenta amici “fluidi”. La trama è semplice: la protagonista muore ogni sera nel giorno del suo 36esimo compleanno e rinasce puntualmente nella toilette della sua migliore amica durante la sua festa. Mentre cerca di capire quale bug la porti a morire continuamente – warning: questo è un vero spoiler – incontra Alan, un bravo ragazzo in crisi esistenziale che muore e rivive esattamente come lei.
Al contrario di quanto ci si potrebbe aspettare (o temere), per fortuna i due non si innamorano. Ma si alleano per risolvere il loop temporale in cui sono intrappolati. Vivono aneddoti surreali e affrontano ciascuno i mostri più inquietanti della vita dell’altro fino a salvarsi reciprocamente.
L’intreccio rimanda inevitabilmente al film Groundhog Day interpretato da Bill Murray e ai numerosi remake degli ultimi vent’anni, ma l’elemento impareggiabile della serie è di certo la protagonista. Natasha Lyonne ha scritto per se stessa un personaggio che è se stessa. Scelta a 16 anni da Woody Allen per il ruolo di Djuna in Tutti dicono I Love You, la Lyonne ha spesso indossato sullo schermo le vesti i del maschiaccio scapestrato, della donna irrequieta o dell’icona lesbica – una delle sue interpretazioni più note è quella di Orange is the New Black, che le è valsa la nomination ai Primetime Emmy Awards nel 2014. Nadia, la protagonista di Russian Doll, ha un passato pieno di eccessi come Natasha e un presente stravagante, ma vive questo lato bohémien con ironia e diventa una star.
Nadia-Natasha è un’anticonformista vera. Si fida solo della sua opinione e rovescia senza pietà tutti gli stereotipi di genere: mentre gli uomini che le stanno intorno si tormentano con discorsi esistenziali lei cerca soluzioni pragmatiche, si circonda di donne forti e stringe alleanze usando oggetti simbolici come il romanzo Emily of New Moon, opera di Lucy Maud Montgomery (celebre autrice di Anna dai capelli rossi) con numerosi tratti autobiografici.
Pur presentandosi come cinici e disinibiti, i personaggi sono altruisti e autentici nel profondo. La stessa trama parte da un leit motif quasi banale ma la sceneggiatura riesce a psicanalizzarlo fino a renderlo un messaggio educativo, di riflessione sulla fragilità e sul dolore. A meno di un mese dalla sua uscita, il pubblico è diviso tra chi reclama e chi scongiura una seconda stagione della serie. In effetti Russian Doll è una commedia psicologica talmente bizzarra che difficilmente riceverà plateali riconoscimenti dalla critica, ma le donne che lo hanno ideato questa volta si sono superate.