YouTube è di nuovo alle prese con problemi di pedofilia. Il caso è esploso qualche giorno fa, con una proporzione talmente imbarazzante da spingere alcune aziende importanti, fra cui Disney, AT&T, Nestlé ed Epic Games (produttore del celebre videogioco Fortnite) a interrompere le proprie campagne pubblicitarie sul popolare canale video. Google è intervenuta oscurando più di 400 canali e disabilitando i commenti su decine di milioni di video, ma la gestione complessiva della situazione sembra ancora problematica.

La cronaca di quanto accaduto è piuttosto sconfortante. Ad accorgersi del problema è stato lo YouTuber Matt Watson, che ha pubblicato un video di 20 minuti  in cui dimostrava come fosse diventato virale lo sfruttamento della piattaforma da parte dei pedofili. Mostrava come bastasse una banale ricerca su YouTube per trovare video dai contenuti discutibili, descrive come venivano usati i commenti per identificare i video “appetibili” ai predatori di minori. Come facendo clic su uno dei video, gli algoritmi di YouTube ne raccomandassero altri simili. Ciliegina sulla torta, Watson ha mostrato come molti dei video in questione fossero accompagnati da campagne pubblicitarie di grandi marchi. Che incassavano soldi per ogni visualizzazione.

Il video è stato visto più di 1,7 milioni di volte, sui social si è diffuso a macchia d’olio l’hashtag #YouTubeWakeUp (YouTube svegliati) per esortare l’azienda ad agire. È a questo punto che è arrivato l’intervento di Google, con i provvedimenti elencati sopra, e con un messaggio sotto al video di Watson. Gli addetti hanno spiegato di stare “lavorando duramente per sradicare un comportamento orribile dalla piattaforma” e di avere provveduto non solo a eliminare i contenuti, ma di avere fatto tutte le segnalazioni del caso alle forze dell’ordine.

Ottimo. Però c’è voluta una segnalazione esterna affinché Google si rendesse conto di quello che accadeva. E sono rimasti a lungo online oltre 400 canali con contenuti discutibili, senza che nessuno se ne accorgesse.

Quanto alle pubblicità, Google ha promesso il rimborso totale alle aziende produttrici di quelle che “giravano” insieme ai video rimossi. Ma i soldi contano poco rispetto al danno d’immagine che deriva dal vedere un marchio associato a certi contenuti. Con tutta probabilità è da qui che è partita la decisione di interrompere le campagne. Non è la prima volta che accade. Ironia della sorte, AT&T aveva appena ripreso le campagne pubblicitarie su YouTube dopo uno stop di 2 anni per precedenti scandali sulla piattaforma. L’ultimo risale al 2017.

Foto: Depositphotos

 

Ogni volta che scoppia “il bubbone” YouTube corre ai ripari inasprendo le politiche di moderazione, implementando nuove funzionalità e mettendo anche  in campo l’Intelligenza Artificiale per individuare i contenuti che violano le linee guida. Quanto accaduto questa settimana dimostra che c’è ancora molto lavoro da fare.

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