C’è l’accordo fra Francia e Germania sull’eurobudget, un fondo il cui accesso è consentito solo ai Paesi dell’Eurozona che attuano le riforme indicate dal semestre europeo. Le risorse quindi, potranno essere stanziate solo a riforme fatte. È quello che scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung, citando il documento di quattro pagine, anticipato già nei giorni scorsi, quando il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz aveva affermato che l’incontro con l’omologo francese Le Maire aveva portato a un’intesa ormai chiara, da formalizzare solo per iscritto entro fine settimana. A vincere è stata la linea tedesca. Il documento redatto da Francia e Germania viene così considerato la base per la trattativa con gli altri ministri delle finanze dell’eurozona.
L’eurobudget dovrebbe essere parte del bilancio europeo, e sostenere le riforme, che vengono identificate nell’ambito del semestre. Come possibili fonti di finanziamento del budget, Berlino e Parigi citano tre opzioni: la tobin tax, contributi dal bilancio Ue, o mezzi che arrivino dall’”Ue Invest”, programma che succede al cosiddetto fondo Juncker. Un finanziamento attraverso il credito viene invece escluso. I fondi diventerebbero accessibili solo a riforme fatte: si istituirebbe su questo punto un legame vincolante.
Martedì scorso il ministro delle finanze francese Bruno le Maire era stato a Berlino, per presentare con Scholz un patto sulla politica industriale comune, nell’ambito della stretta collaborazione franco-tedesca rilanciata negli ultimi mesi fra l’altro dall’accordo di Aquisgrana. Nell’occasione i due ministri si erano confrontati ancora una volta sull’eurobudget, arrivando di fatto ad una intesa, come poi rivelato da Scholz il giorno dopo. Nell’ambito di questo incontro i ministri hanno rilanciato anche la questione dell’adeguamento delle regole antitrust europee, alla luce della necessità di avere campioni dell’Ue in grado di affrontare il mercato globale. Un tema divenuto cruciale per le due capitali, dopo la bocciatura della fusione Siemes-Alstom, contestata da entrambi i governi come frutto di una impostazione troppo limitativa delle regole europee.