Questa la decisione del Tribunale regionale di Essen, che si è pronunciato in proposito il 17 gennaio sul caso di Harald Espenhahn, e il 4 febbraio su Gerald Priegnitz. Secondo quanto ha spiegato il portavoce dello stesso Tribunale all’Ansa, i due dirigenti hanno impugnato la decisione, presso la Corte di appello di Hamm. E non potranno essere arrestati prima della pronuncia
L’ordine di carcerazione dei due manager tedeschi della Thyssenkrupp, condannati in via definitiva in Italia ma ancora liberi, emanato in Italia del 2016, è applicabile anche in Germania. Questa la decisione del Tribunale regionale di Essen, che si è pronunciato in proposito il 17 gennaio sul caso di Harald Espenhahn, e il 4 febbraio su Gerald Priegnitz. Secondo quanto ha spiegato il portavoce dello stesso Tribunale all’Ansa, i due dirigenti hanno impugnato la decisione, presso la Corte di appello di Hamm. E non potranno essere arrestati prima della pronuncia.
I due dirigenti del gruppo sono condannati in via definitiva, il 13 maggio 2016, per il rogo del 2007 avvenuto alla sede di Torino in cui persero la vita sette operai. All’amministratore delegato Espenhahn sono stati inflitti 9 anni e 8 mesi mentre al consigliere del gruppo Priegnitz sono stati inflitti 6 anni e 10 mesi. Quando la sentenza diventerà eseguibili i due sconteranno una condanna di 5 anni, il massimo consentito in Germania per l’omicidio colposo. La Procura di Essen aveva chiesto l’arresto a settembre dei due dirigenti dopo una lunga battaglia passata anche per il caso della traduzione del verdetto. La notizia è stata accolta con grande soddisfazione da Raffaele Guariniello, l’ex pubblico ministero che seguì il processo torinese. “L’importante è che i dirigenti tedeschi scontino le pene, come avvenuto per i manager italiani. Sono passati tanti anni dalla tragedia, ma questo è un giorno importante perché giustizia è stata fatta”, ha detto all’agenzia Agi.
Dopo le rivelazioni fatte il 19 febbraio scorso da Le Iene sul caso ThyssenKrupp, il ministero della Giustizia aveva inviato una lettera alla procura di Essen, città del Land Nord Reno-Vestfalia, competente nell’applicazione della sentenza sul rogo mortale scoppiato nella notte tra il 5 e 6 dicembre 2007. Nella missiva, il dicastero guidato da Alfondo Bonafede, chiedeva di verificare la veridicità delle notizie, ma soprattutto vuole avere una “conferma delle conclusioni, già avanzate dalla procura di Essen, con le quali si è chiesto il riconoscimento ed esecuzione della sentenza” come precedentemente comunicato con una nota del novembre scorso.
Il giorno dopo il verdetto della suprema Corte gli imputati italiani si costituirono. E proprio nei giorni scorsi ha lasciato il carcere dopo due anni e mezzo Cosimo Cafueri, ex responsabile della sicurezza dello stabilimento, condannato a 6 anni e 8 mesi. Il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Torino, è analogo a quello concesso a Spoleto a Marco Pucci, ex consigliere Thyssen che era detenuto a Terni per gli stessi motivi.
Le vittime del rogo sono Antonio Schiavone(il primo a morire alle 4 del mattino per le ferite riportate durante l’incidente), Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino (spirati lentamente dal 7 al 30 dicembre del 2007 per le gravissime ustioni riportate). Quella notte allo scoppio del rogo i sette operai insieme al collega Antonio Boccuzzi, l’unico sopravvissuto e poi deputato del Pd, avevano tentato di spegnere le fiamme, ma ogni loro sforzo era stato inutile: nonostante i frequenti incendi sulla linea 5, gli estintori erano quasi vuoti, le manichette di acqua inutili, l’impianto non era adeguato perché il management sapeva che lo stabilimento sarebbe stato chiuso. Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, in un post su Facebook assicura: “Continueremo a monitorare giorno per giorno la vicenda e terremo informati tutti voi e soprattutto le famiglie”.