Flavia Marino, compagna di Sergio Marchi, era stata assunta in Metro Spa (poi confluita in Atac) nel 2008, quando Marchi divenne assessore ai Trasporti. Ma grazie a un Regio decreto il tribunale la riammette in azienda, condannando la municipalizzata a pagare le mensilità arretrate
Licenziata per Parentopoli, riammessa grazie a un Regio decreto del 1931. Torna in Atac la compagna di Sergio Marchi, assessore capitolino ai Trasporti nei primi due anni di Gianni Alemanno sindaco, fra il 2008 e il 2011, sostituito all’indomani dell’esplosione dello scandalo. Flavia Marino, infatti, era stata licenziata il 18 aprile 2017, insieme ad altre 32 persone, dopo la pubblicazione della sentenza di condanna nei confronti di 5 dirigenti della società dei trasporti capitolina, fra cui l’ex ad Adalberto Bertucci, e l’ex assessore alemanniano Marco Visconti. Il tribunale del Lavoro di Roma, tuttavia, con una sentenza del 6 novembre 2018, ha ribaltato la decisione condannando la municipalizzata non solo a riassumere la donna, ma anche a corrisponderle le mensilità non percepite a causa del licenziamento.
Quando la Giunta Alemanno si insedia, nel maggio 2008, Flavia Marino è una dipendente Cotral Spa, società di trasporti della Regione Lazio. Poco dopo la nomina ad assessore del proprio compagno, il 1 ottobre 2008 la donna fa richiesta di assunzione in Met.Ro Spa, una delle tre aziende capitoline che andranno a fondersi, nel 2010, formando la “moderna” Atac Spa. La formula è quella del “cambio azienda”: tre dipendenti di Cotral passano a Met.Ro e altri tre lavoratori Met.Ro finiscono in Cotral. Solo che Marino da parametro 205 che era, entra come parametro 230, ottenendo dunque “un avanzamento professionale rispetto alla pregressa esperienza lavorativa”, come scrivevano nel 2017 i giudici che si erano espressi su Parentopoli. Tempo dopo essere giunta in Atac, fra l’altro, ottiene un ulteriore ritocco dello stipendio. Quando esplode lo scandalo e i dossier finiscono in Procura, i magistrati iniziano a indagare su tutta una serie di casi di parenti, amici e portaborse politici inglobati in Atac in quel periodo. Fra questi, quello di Flavia Marino. Che nel 2017, in piena era Raggi, viene licenziata insieme agli altri alla pubblicazione della sentenza che rende nulli i rapporti di lavoro “incriminati”.
A quanto scrivono i giudici del lavoro, tuttavia, quel cambio azienda era regolare, nonostante il balzello di carriera nel passaggio fra Cotral e Met.Ro. “L’ipotesi prevista dall’art. 20, secondo comma, del Regolamento allegato A al Regio decreto 8 gennaio 1931 n. 148 – si legge nella sentenza – di trasloco dell’agente dipendente da impresa esercente pubblici servizi di trasporto ‘per cambio’, su richiesta degli interessati, fra diverse aziende e previo consenso di queste, riguarda una fattispecie di cessione del contratto in relazione alla quale e’ configurabile, dopo il perfezionamento della cessione stessa, la stipulazione di un accordo modificativo del contratto ceduto”. Si è trattato dunque di un nuovo rapporto di lavoro o no? Bisognava procedere a nuova procedura di valutazione? Il giudice qui cita una sentenza della Corte di Cassazione, secondo cui “il mutamento delle mansioni e della qualifica non comporta, di per sé, novazione oggettiva del rapporto di lavoro intercorso, senza soluzione di continuità, fra i medesimi soggetti (…) prevedendo la possibilità di assegnazione del lavoratore a mansioni diverse con l’attribuzione di un’altra qualifica”.
Un ribaltamento, dunque, della sentenza del 2017 nella quale, riguardo al profilo di Flavia Marino, i giudici scrivevano che “la pregressa esperienza lavorativa non costituisce un sufficiente elemento a riprova di una particolare professionalità” necessaria “per la soluzione di problemi di notevole complessità”. Inoltre “non risultano altri titoli professionali né si è riscontrata la presenza di ulteriori elementi dai quali desumere che l’assunzione della Marino sia stata preceduta dalla verifica concreta ed effettiva del possesso dei requisiti necessari per l’assunzione, né tanto meno, nel contratto di assunzione è specificato l’ufficio di assegnazione e le specifiche mansioni gestionali e professionali di elevata complessità che la stessa avrebbe dovuto svolgere”. Ma, come detto, il tribunale del Lavoro ha dato ragione alla Marino, certificando la regolarità formale di quell’operazione e riammettendola al lavoro.