di Germano Fiore
Il congresso nazionale della Sopsi (Società italiana di psicopatologia) è certamente, da anni, il Sanremo della psichiatria. Esperti da ogni parte d’Italia, e qualcuno dall’estero, ogni anno si riuniscono generando una moltitudine di incontri simultanei. Io ne sono un frequentatore abituale fin dagli anni della mia formazione e ormai, a febbraio, è per me rituale la presenza. Confesso, senza forma di pentimento alcuno, che negli ultimi anni la mia partecipazione alle attività di studio è andata incontro a una progressiva decrescita, privilegiando le collaterali frequentazioni ludiche di colleghi e amici che non incontro tutti i giorni. Quest’anno no. Quest’anno è cambiato qualcosa.
Sfogliando il programma del congresso ho percepito un “nuovo” – nell’aria da un po’ – un “diverso”, rispetto a ciò cui mi ero abbastanza rassegnato. Negli ultimi anni, e quest’anno particolarmente, si riaffaccia nel panorama scientifico la clinica. Mi si dirà: “Come? Perché gli altri anni a un congresso di medici non c’era la clinica?”. La risposta è no. La clinica era ormai scomparsa da tempo, prima fagocitata dall’illusione neopositivista dell’individuazione della causa delle malattie mentali (figlia della sequenziazione del Dna) e poi dalla psicofarmacologia (ormai in permanente ultradecennale stagnazione per l’assenza di novità di rilievo). Ebbene, due cattive notizie – il fallimento del paradigma neopositivista e la crisi della psicofarmacologia – hanno riportato al centro i pazienti: le donne, gli uomini e i bambini che soffrono.
È una Sopsi fatta di verità quella del 2019, poco di costrutti e statistiche e molto di sangue, sudore, lacrime e vetri rotti. E io partecipo, partecipo volentieri. Si riscoprono i casi clinici, si ritrova la comprensione del disturbo a dispetto della causa, si intercetta la psichiatria “sporca” stradale (quella che c’è e di cui non si può parlare con la cravatta), ci si riapre agli esclusi in nome della purezza della scienza: ritardi mentali, bimbi iperattivi, tossicomani.
La varia umanità che ogni giorno noi operatori incontriamo seduta davanti a noi o che ci scappa davanti. Tutto ciò in giacca e cravatta con un bel microfono: alla Sopsi/Sanremo torna il bel canto, non sarà di un cigno.