Scontri al confine tra Venezuela e Colombia. Dopo che il leader dell’opposizione Juan Guaidò ha annunciato l’arrivo degli aiuti umanitari e i suoi simpatizzanti hanno tentato di forzare i blocchi affrontando la dura repressione dei militari, Nicolas Maduro ha annunciato la rottura di “tutte le relazioni diplomatiche e politiche” con il governo “fascista” della Colombia, esortando i diplomatici colombiani ad abbandonare il Venezuela “entro 24 ore“. “Mai un presidente di Bogotà ha odiato tanto il Venezuela”, ha detto del presidente colombiano, Ivan Duque, chiamandolo “diavolo”. L’unico camion di aiuti umanitari che era riuscito a passare oggi dalla Colombia è stato incendiato dalle forze di sicurezza di Maduro. Lo rendono noto manifestanti presenti sul posto. “Almeno quattro persone sono morte oggi a Santa Elena de Uairen, località a 20 km dal confine con il Brasile, uccise dai “colectivos” (gruppi irregolari chavisti) che sparano sui manifestanti”, ha detto Alfredo Romero, direttore della ong Foro Penal, aggiungendo che i feriti sono almeno 18.
Intanto il Venezuela continua a vivere giorni drammatici. Guaidò, che ieri ha attraversato il confine con la Colombia, ha annunciato da Cucuta – insieme al presidente colombiano Duque – l’inizio di quello che ha battezzato “la valanga umanitaria“, cioè l’ingresso degli aiuti depositati in Brasile, Colombia e Curazao dai paesi che hanno risposto alla sua richiesta di assistenza. Poche ore dopo, lo stesso Guaidò ha reso noto che un primo camion di aiuti è entrato dalla frontiera brasiliana, a Pacaraima, informazione poi confermata dal ministro degli Esteri brasiliano Ernesto Araujo. Ma è sui ponti sopra il fiume Tachira, che segna la frontiera fra Venezuela e Colombia, che la situazione è ben più tesa.
Un primo momento di tensione si è vissuto quando un blindato della Guardia Nazionale ha sfondato le barriere disposte per bloccare il traffico sul ponte Simon Bolivar. Le autorità colombiane hanno temuto fosse uno sconfinamento dei militari venezuelani, ma in realtà si trattava di tre soldati che hanno deciso di disertare e chiedere protezione al governo di Bogotà. Altri casi di defezioni fra i militari venezuelani si sono susseguiti durante la giornata, tra cui anche quello di un maggiore dell’esercito, Hugo Parra Martinez, sul ponte di Tienditas, e anche in altri punti del paese.
Poi gli scontri, registrati a Urena dove manifestanti affrontano da ore la Guardia Nazionale che impedisce loro di raggiungere il ponte che porta in Colombia. La violenza si è poi rapidamente estesa a San Antonio de Tachira e Santa Elena de Uairén, circa 20 km dalla frontiera con il Brasile, dove “almeno quattro persone sono morte oggi a Santa Elena de Uairen, località a 20 km dal confine con il Brasile, uccise dai “colectivos” (gruppi irregolari chavisti) che sparano sui manifestanti”, ha detto Alfredo Romero, direttore della ong Foro Penal, aggiungendo che i feriti sono almeno 18.
Sui ponti che portano dallo Stato venezuelano di Tachira al dipartimento colombiano di Norte de Santander la situazione è molto tesa, con deputati oppositori e manifestanti che cercano di far passare gli aiuti umanitari – se non a bordo di camion con catene umane – e forze di sicurezza che intervengono per bloccarli, con cariche e lacrimogeni. “Dio benedica il popolo del Venezuela”: è il tweet di Donald Trump che dalla Casa Bianca segue le vicende al confine con la Colombia dove sono fermi gli aiuti umanitari.
A Caracas, nel frattempo, migliaia di manifestanti oppositori hanno circondato la base aerea militare di La Carlota, per esigere alle Forze Armate che permettano l’ingresso degli aiuti umanitari nel territorio venezuelano, mentre dall’altra parte della città Nicolas Maduro ha parlato durante un meeting chavista, esibendosi anche in un ballo con la moglie, Cilia Flores. “La vittoria ci appartiene!”, ha ribadito Maduro, dando per sconfitto il “tentativo di golpe imperialista” contro il suo governo.