Nelle vicende giudiziarie scaturite dal crac di Banca Etruria va alleggerendosi sempre di più la posizione di Pierluigi Boschi, che dell’istituto di credito aretino è stato consigliere d’amministrazione e poi vicepresidente. La notizia, riportata sabato dal quotidiano La Nazione, è che stata archiviata per il padre dell’ex ministro delle Riforme Maria Elena Boschi l’accusa di falso in prospetto, nell’ambito di uno dei filoni dell’inchiesta della procura di Arezzo su Banca Etruria. E si andrebbe verso l’archiviazione anche per l’inchiesta relativa alla liquidazione dell’ex direttore generale della banca Luca Bronchi.
Tornando al filone d’inchiesta sul falso in prospetto, il decreto del gip del tribunale di Arezzo che ha accolto la richiesta di archiviazione per Boschi e altri 17 indagati, membri del Cda della banca tra il 2011 e il 2014 e sindaci revisori, avanzata dal pm Julia Maggiore, risale al 18 ottobre scorso. Ma il fatto è emerso venerdì a margine dell’udienza preliminare in cui, invece, restano imputati per la stessa accusa l’ex presidente della banca Giuseppe Fornasari, l’ex direttore generale Luca Bronchi e il funzionario Davide Canestri, all’epoca dei fatti responsabile del risk management della banca, cioè della struttura tecnica che si è occupata del doppio collocamento delle obbligazioni subordinate nell’estate e nell’autunno del 2013.
L’archiviazione per il padre dell’ex ministra e per gli altri 17 tra componenti del cda e sindaci revisori per i bond di Banca Etruria, quelli finiti azzerati con il decreto salvabanche del 22 novembre 2015, era stata richiesta dal pm perché nel corso delle indagini condotte dalla guardia di finanza è emerso un verbale del cda dell’aprile 2013 nel quale l’incarico di redigere il prospetto di collocamento per la Consob risulta delegato al direttore generale Bronchi. Così la procura ha rivisto l’impostazione iniziale dell’accusa, secondo cui erano i componenti del consiglio d’amministrazione i responsabili della redazione del prospetto che avrebbe contenuto informazioni ingannevoli per il mercato e quindi per i risparmiatori che sottoscrissero oltre 100 milioni di titoli.
La responsabilità delle eventuali false informazioni adesso, sempre secondo l’accusa, ricade sullo stesso Bronchi, che avrebbe agito di concerto con Fornasari e con Canestri, la figura tecnica di riferimento. Di qui la scelta dei pm di chiedere il processo solo per loro tre, escludendo tutti gli altri indagati, compreso Boschi. Il 31 gennaio scorso Fornasari e Bronchi sono stati condannati a 5 anni di reclusione dal gup del tribunale di Arezzo, Giampiero Borraccia, nell’ambito del processo, con rito abbreviato, per il crac dell’istituto di credito aretino. Gli altri due imputati che hanno scelto il rito abbreviato, l’altro ex direttore generale Alfredo Berni e l’ex componente del Cda Rossano Soldini, sono stati condannati rispettivamente a due anni e un anno. Per altri 25 indagati, tutti ex dirigenti e consiglieri, il gup ha deciso per il rinvio a giudizio con rito ordinario, e il processo si aprirà il 2 aprile prossimo. Anche in questo, che è il filone principale dell’inchiesta, Boschi senior non è tra le persone rinviate a giudizio.