Buoni stipendi, contratti a tempo indeterminato e “persino” straordinari pagati. Proposte (o promesse) di lavoro apparentemente allettanti, che però stando alle cronache puntualmente restano senza risposta. Perché? “Non vogliono sporcarsi le mani”, “per i giovani i turni di notte o nei weekend sono troppo faticosi”, “si lamentano che l’azienda è troppo lontana da casa”. Sono le spiegazioni date da diversi piccoli imprenditori – quasi tutti veneti – che ultimamente hanno sollevato il problema della presunta carenza di manodopera sul proprio territorio, trovando ampio spazio sulla stampa locale e riaprendo il dibattito sui mestieri che “nessuno vuol più fare”. Ma, dopo il clamore suscitato dalle loro interviste, sono stati sommersi dai curriculum. Nonostante, come ha verificato IlFattoquotidiano.it, tra loro ci sia chi offre posizioni che prevedono fino a 10 ore di lavoro al giorno con compensi di 8 euro all’ora e chi secondo i sindacati pretende figure specializzate ma non è disposto a investire per formarle.
Non solo: se la difficoltà delle imprese nel trovare addetti specializzati è un problema reale (certificato dagli ultimi dati Anpal–Unioncamere e di cui si è occupata un’inchiesta di Fq Millennium), va detto che non sempre le offerte sono pubblicizzate in modo corretto e affidarsi solo al passaparola o a Facebook non garantisce gli stessi risultati che si ottengono attraverso le piattaforme web di recruitment, fra le più utilizzate dai 15-34enni secondo i dati Istat sul 2017, o le agenzie per il lavoro.
Paghe da 2mila euro e contratti stabili. Ma a quali condizioni? – Nereo Parisotto, a capo della Euroedile di Postioma in provincia di Treviso, a inizio gennaio ha denunciato alla stampa di non riuscire a trovare “30 operai specializzati” per via delle trasferte in Italia e all’estero che a volte possono durare intere settimane. “Sono sacrifici che nessuno ha più voglia di fare”, aveva spiegato l’imprenditore. Il segretario della Filca-Cisl Franco Turri ha però evidenziato che l’imprenditore propone l’assunzione con contratto nazionale metalmeccanici (2mila euro netti di stipendio, più alcuni premi per i dipendenti virtuosi) e non con quello dell’edilizia. “Dumping contrattuale“, secondo il sindacalista, che ha parlato di “escamotage che consente all’impresa di risparmiare su salario, premi Inps e Inail, sicurezza, con conseguenze nefaste per i lavoratori”. La Euroedile, ha ribattuto Parisotto, “nonostante il nome non fa edilizia. Noi compriamo i ponteggi, li saldiamo, li trasformiamo e creiamo strutture ad hoc per cantieri speciali, come quelli di ponti e viadotti a rischio. In ogni caso investiamo tantissimo sulla sicurezza dei nostri ragazzi”. Una spiegazione che non ha convinto il sindacalista della Cisl che al fatto.it spiega: “Noleggiare o montare ponteggi è comunque un’attività collaterale all’edilizia, per il cui contratto sono previsti il possesso obbligatorio di un patentino rilasciato dalle Scuole edili, 16 ore di formazione obbligatoria, l’aggiornamento continuo”. Va detto che “applicare il contratto nazionale da metalmeccanici non è illegale” – tra l’altro nell’ultimo rinnovo è stata pure inserita la figura dell’installatore di ponteggi – “ma permette all’azienda di risparmiare molto sulle trasferte e pure sulla sicurezza”.
La ricerca? Un cartello sulla vetrina – “Cercasi apprendista panettiere”, è l’avviso che da qualche tempo campeggiava all’ingresso del panificio di Stefano Brigato e del cognato in una frazione di Campodarsego, un paese del padovano di quasi 15mila abitanti. Qualche giorno fa il titolare ha raccontato a Il Gazzettino di non riuscire a trovare un apprendista (da assumere “con contratto regolare a 1.400 euro al mese”) perché “nessuno vuole lavorare di notte”. Dopo la pubblicazione dell’intervista, però, è arrivata una marea di curriculum. “Abbiamo dovuto staccare dal lavoro per rispondere a tutti”, ha dichiarato Brigato a Il Corriere Veneto, aggiungendo che finalmente è stato preso in prova un ragazzo. Contattati più volte dal Fatto.it, i titolari hanno preferito non chiarire se il reclutamento fosse stato fatto solo sulla base del passaparola e del cartello affisso alla vetrina del negozio o anche attraverso altri canali.
“La prima cosa che chiedono è quanto guadagneranno”. Cioè 8 euro l’ora – Tra le offerte di lavoro rimbalzate online e in tv negli ultimi giorni c’è quella di Mirco Beraldo, titolare di un cantiere nautico a Ca’ Noghera, una località della città di Venezia. Sul piatto tre posti da meccanico, fabbro e responsabile di cantiere, da assumere a tempo determinato, rimasti vacanti perché “nessuno vuole lavorare nei weekend. La prima cosa che chiedono è quanto guadagneranno. Vogliono sapere quante ferie avranno e se sentono che devono venire a lavorare anche sabato e domenica, si ritirano”. Lo stipendio? “Si parte da 1.250 euro netti o anche 1.400-1.600 in base alle qualifiche, per 6-7 ore lavorative d’inverno e fino a 8-10 ore d’estate, con tutti i riposi previsti dal contratto nazionale”, ha chiarito Beraldo al Fatto.it. In media si tratta quindi di circa 8 euro l’ora. Dopo le interviste alla stampa, “sono arrivate tante candidature, ma i giovani sono pochissimi. I più volenterosi, che si adattano a fare di tutto a qualsiasi orario, sono gli over 50 e 60”. A proposito delle modalità di reclutamento, l’imprenditore chiarisce di aver pubblicato post su Facebook, di appoggiarsi a un’agenzia per il lavoro e di aver “messo degli annunci su Subito.it”. Ad oggi sulla piattaforma è presente solo la posizione per “Operaio responsabile di cantiere”, datata 3 febbraio 2019, ma Beraldo assicura che le altre sono state “bloccate perché hanno superato il limite di accessi” (l’impresa risulta iscritta a Subito.it dal 2011 e finora ha pubblicato 54 annunci).
Il nodo della specializzazione – Uno dei problemi più frequenti lamentati dai piccoli imprenditori è la carenza di figure altamente specializzate. Vanessa Beghin, titolare insieme al padre Lino delle venete Ficm e Tiemme, ha detto più volte alle televisioni di non riuscire a trovare tornitori e fresatori da assumere. Una situazione che starebbe mettendo a rischio la sopravvivenza stessa delle sue attività. “Offriamo un contatto a tempo indeterminato da metalmeccanico che parte da 1.400-1.500 euro netti per 8 ore di lavoro quotidiano, oltre a eventuali straordinari retribuiti”, aveva dichiarato Beghin. Per evitare di chiudere gli stabilimenti, lei e il suo socio stavano valutando di “andare in Africa, prendere gli africani e portarli qui per formarli”. Non era importante l’esperienza, quindi, bastava aver voglia di lavorare. Ma le cose non sono andate proprio così. “Sono arrivati oltre 4mila curriculum, eppure si tratta di ristoratori, pasticcieri, persone che non sanno neanche di che lavoro si tratta. C’è gente che si è candidata quasi per sfida, sono stata persino insultata”, ha spiegato l’imprenditrice al Fatto.it. “Noi vogliamo qualcuno che abbia un minimo di formazione. Finora abbiamo assunto un 59enne e ci sono due ragazzi in prova. Quello che dico a chi vuole davvero lavorare è di fare anche soltanto un corso serale di tre mesi per poi venire qui da noi. La formazione in azienda si fa, certo, ma devono esserci delle basi da cui partire”.
Pochi investimenti in formazione – La pensa allo stesso modo Gastone Gualdi della Pancar di Ravenna, che dice di averle “provate tutte per trovare dei meccanici, ma nessuno vuole sporcarsi più le mani. Abbiamo chiesto ad amici e conoscenti, messo l’avviso sul computer (ma online non se ne trova traccia, ndr), ma niente. Siamo stati costretti ad assumere dei pensionati”, ha chiarito Gualdi al Fatto.it. Dopo l’intervista rilasciata al Resto del Carlino a dicembre 2018, in cui spiegava di non essere riuscito a trovare dei “giovani meccanici volenterosi” da assumere con contratto regolare a 1.500 al mese netti (con straordinari e trasferte pagati), il risultato è che “sono arrivati tanti curriculum, ma tutti di persone poco preparate. Abbiamo assunto tre meccanici solo dopo che sono stati licenziati da una società concorrente in difficoltà”. Secondo i sindacati, però, parte della colpa è delle stesse imprese che “non sono disposte a investire nella formazione”. Soprattutto nel Nordest, spiega il segretario della Fim-Cisl Venezia Stefano Boschini, “ci sono tanti imprenditori atomizzati che credono siano solo gli altri a dover formare i lavoratori. Ma in passato non era così. E poi bisogna rendersi conto che siamo in un mondo che cambia velocemente: si diventa obsoleti dall’oggi al domani, perciò il vero problema è che ci sarà sempre più bisogno di riqualificare le persone. Le aziende sono chiamate a fare la loro parte”.
“Imprenditori avventati che usano la stampa per fare scouting” – Una dura critica arriva anche da Loris Scarpa, segretario generale della Fiom Cgil Padova. “Sovente leggiamo sui giornali notizie curiose da parte di alcuni avventati imprenditori che utilizzano la stampa per fare scouting, ricercando professionalità che assomigliano a fantasmi che non si materializzano mai”, ha dichiarato. “La verità segna sempre il fatto, purtroppo, che in queste peculiari realtà i lavori proposti non vengono quasi mai retribuiti in maniera adeguata e i diritti mai garantiti. La ricerca di figure professionali poco plausibili è spesso solo un modo per catalizzare attenzione a fini pubblicitari: sono gesti incivili, poco seri e decisamente inappropriati”. Secondo Scarpa, spesso le aziende cercano persone giovani perché convengono di più per inquadramento di stipendio, ma pretendono che siano già altamente specializzati. “Fino a quando non sarà evidente una politica industriale in cui è chiaro cosa e come produrre – ha concluso il segretario – mancheranno sempre professionalità adeguate”.
Dati Anpal-Unioncamere: “Difficoltà di reperimento lavoratori al 31 per cento” – Non sempre, quindi, chi lamenta di offrire posti di lavoro e non trovare candidati sfrutta tutti i canali a disposizione, dalle piattaforme online ai centri per l’impiego alle agenzie per lavoro. E gli stipendi sono tutt’altro che lauti. Ciò non toglie che la crescente difficoltà da parte delle imprese nel reperire figure professionali specializzate sia un fatto reale. Lo certificano gli ultimi dati del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal. A gennaio 2019, la “difficoltà di reperimento” dei dipendenti è salita al 31 per cento (+6 punti rispetto allo stesso periodo del 2018) e arriva al 42,1 per cento per artigiani, operai specializzati e agricoltori. E poi ci sono i meccanici: quasi 1 su 2 risulta introvabile per le aziende. Fra le figure più richieste ci sono anche i camerieri, i commessi e gli addetti alle pulizie. Non è un caso che a fare da traino siano le regioni del Nord-ovest (qui si concentra il 35,1 per cento dei nuovi contratti previsti) e quelle del Nord-est (25,1 per cento, in lieve calo rispetto allo scorso anno). In generale, delle oltre 440mila opportunità di lavoro presenti in tutta Italia a gennaio, più della metà arrivano dalle regioni settentrionali.