Era un fenomeno senza spiegazioni da 35 anni. Era infatti il 1984 quando la European Muon Collaboration (Emc) scopriva che i quark che compongono le particelle che costituiscono il nucleo degli atomi, ossia i protoni e i neutroni, si comportano in modo diverso rispetto ai quark che compongono protoni e neutroni liberi, ossia che non fanno parte di un nucleo: il cosiddetto Emc effect. Ora gli scienziati ritengono di avere una spiegazione.
Come in un tango, le particelle che costituiscono il nucleo degli atomi si avvicinano fino a sovrapporsi brevemente per poi respingersi con forza, ma se le particelle sono libere si comportano in modo molto diverso e i mattoncini che le costituiscono, i quark, fanno la stessa cosa. La scoperta di questo meccanismo, fondamentale per comprendere la costituzione della materia, è pubblicata sulla rivista Nature e si deve all’esperimento condotto negli Stati Uniti, presso l’acceleratore Cebaf del Jefferson Laboratory, con un importante contributo dell’Italia, con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).
“Quello che pensiamo stia succedendo è che nelle coppie correlate si crei una forte sovrapposizione dei protoni e neutroni, il che dà ai quark al loro interno più spazio per muoversi e li porta a muoversi più lentamente”, dice il primo autore della ricerca, il fisico Barak Schmookler, della Stony-Brook University di New York. Una sorta di danza che racconta come “la struttura interna dei protoni e dei neutroni si modifica quando queste particelle si aggregano formando coppie correlate”, commenta Raffaella De Vita, della Sezione di Genova dell’Infn e portavoce della Collaborazione Clas. Per il vicepresidente dell’Infn, Antonio Masiero, si risolve così “uno dei più misteriosi, e tuttora solo parzialmente esplorati, territori della costituzione della materia”. Nel Jefferson Laboratory lavorano circa 70 ricercatori di 11 strutture dell’Infn, riuniti nella collaborazione Jlab12 e molti di essi con ruoli di responsabilità e ruoli di coordinamento.
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