Il progetto della rete unica Tim-Open Fiber, sostenuto dal governo ma che divideva i due principali azionisti di Tim, ottiene una prima ufficiale disponibilità da Vivendi. Con i francesi che vanno in pressing in vista dell’assemblea del 29 marzo e tornano a chiedere la revoca dei cinque consiglieri in quota Elliott, evidenziando come a loro parere l’”inadeguata gestione” degli amministratori indicati dal fondo Usa abbia “portato Tim in una situazione precaria“.

È l’ultimo atto della battaglia sul futuro di Tim tra Vivendi e il fondo americano. I due gruppi controllano rispettivamente il 23,94% e il 9,4% del colosso delle telecomunicazioni italiane. Con una nota e un dossier di 48 pagine (un ‘white paper’ intitolato ‘Restituire Valore a Telecom Italia’) Vivendi ufficializza la richiesta di revoca. Revoca che non vuole essere “una contesa per il controllo di Tim”, si difende Vivendi, “ma esclusivamente una sollecitazione a nominare un cda veramente indipendente“. Ed è proprio in questo scenario che si inserisce l’apertura di Vivendi alla rete unica: “Vivendi ritiene che la rete fissa di Tim sia fondamentale per la creazione di valore ed è pronta a supportare la fusione di Open Fiber con Tim nel caso in cui le condizioni siano corrette ed eque da un punto di vista operativo, finanziario e normativo e supervisionate da un cda composto in maggioranza da amministratori indipendenti“, si legge nel dossier.

I francesi spiegano che sosterranno “qualsiasi proposta che si riveli nel miglior interesse a lungo termine di tutti gli azionisti di Tim e degli altri stakeholder di Tim”, inclusi i modelli di business alternativi di rete fissa, ma anche “iniziative di riduzione del debito, potenziale vendita di asset non strategici, semplificazione della struttura del capitale e distribuzione dei dividendi“. Cedola che non arriva dal 2014, ma indicata come obiettivo anche dall’amministratore delegato Luigi Gubitosi.

Nel mirino di Vivendi ci sono quelle che evidenzia come promesse non mantenute di Elliott: con la gestione degli amministratori indicati dagli americani “è stato distrutto il valore per gli azionisti” (il prezzo delle azioni Tim – evidenzia il documento – ha perso circa il 40%) e “sono aumentati i rischi”. Ecco perché “il cambiamento deve iniziare subito”, avvertono i francesi, proponendo come soluzione la sostituzione dei 5 consiglieri incriminati con i 5 indipendenti proposti. Solo un simile board, assicura Vivendi appellandosi agli azionisti, avrà “la credibilità e la fiducia” necessari per implementare in modo obiettivo qualsiasi piano industriale strategico.

Il gruppo guidato da Arnaud de Puyfontaine, tecnicamente presenta una sollecitazione di deleghe di voto, prevista dalla legge italiana, con l’obiettivo di assicurarsi il sostegno necessario all’assemblea degli azionisti che si terrà tra circa un mese. Il prossimo 29 marzo, l’assemblea deciderà in merito alla proposta di Vivendi di revocare i cinque membri della lista Elliott: si tratta di Alfredo Altavilla, Fulvio Conti, Massimo Ferrari, Paola Giannotti de Ponti, Dante Roscini. Al loro posto, Vivendi propone l’ex vicedirettore della vigilanza assicurativa Ivass, Flavia Mazzarella, l’ex numero uno di Telecom, Franco Bernabè, l’attuale presidente di Generali, Gabriele Galateri di Genola, il top manager Rob van der Valk e il professore, esperto in telecomunicazioni, Francesco Vatalaro.

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