Nell'indagine toscana è coinvolto anche l’imprenditore Mariano Massone che nel 2016 ha patteggiato la pena per la bancarotta della vecchia società della famiglia Renzi. Per questa indagine gli inquirenti liguri avevano chiesto due volte l'archiviazione di Renzi senior e il gip l'aveva accolta il 29 luglio 2016. "Vogliamo verificare se ci sono fatti rilevanti che meritino approfondimenti su società con sede nel genovese" spiega il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi
Potrebbe complicarsi la posizione di Tiziano Renzi e Laura Bovoli, finiti agli arresti domiciliari per ordine del gip di Firenze. La procura di Genova, nelle ultime ore, ha chiesto alla procura di Firenze gli atti dell’inchiesta che coinvolge i genitori dell’ex premier, Matteo Renzi e l’imprenditore ligure Mariano Massone, anche lui arrestato e che nel 2016 ha patteggiato la pena per la bancarotta della Chil Post, vecchia società della famiglia Renzi, fallita tre anni dopo. Per questa indagine gli inquirenti liguri avevano chiesto due volte l’archiviazione di Renzi senior e il gip l’aveva accolta il 29 luglio 2016. “Vogliamo verificare se ci sono fatti rilevanti che meritino approfondimenti su società con sede nel genovese” spiega il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi. Tra gli indagati c’è infatti anche Alberto Ansaldo, di Genova, membro del consiglio di amministrazione della Delivery, la cooperativa dalla quale ha preso il via l’indagine. A chiederne il fallimento furono alcuni dipendenti quando il controllo era passato a Massone, da tempo in affari con Tiziano Renzi, e che nel 2010 aveva acquisito la Chil post.
Il padre dell’ex premier era stato indagato per la vicenda della ‘Chil’ ma la procura aveva chiesto una prima archiviazione, respinta dal giudice per le indagini preliminari Roberta Bossi che aveva ordinato nuovi approfondimenti. Le Fiamme gialle avevano riscontrato che Tiziano Renzi aveva lasciato la Chil prima del 2013 e il pm Marco Airoldi aveva chiesto una nuova archiviazione a quel punto accolta. La società era stata dichiarata fallita il 7 febbraio 2013, tre anni dopo il passaggio di proprietà dal padre del premier Tiziano Renzi ad Antonello Gambelli (anche lui finito nell’inchiesta Chil Post) e Massone. Renzi era stato accusato di bancarotta fraudolenta per 1,3 milioni di euro. Il curatore fallimentare aveva ravvisato alcuni passaggi sospetti nella cessione di rami d’azienda ‘sani’ alla Eventi Sei, società intestata alla moglie, Laura Bovoli, per poco più di 3000 euro, cifra non ritenuta congrua. Tra le situazioni anomale, secondo il curatore fallimentare anche il fatto che Chil post svolgeva gran parte del suo lavoro per Tnt, ma subito prima della cessione di Chil post, Tnt ridusse la collaborazione con l’azienda e successivamente la implementò con la Eventi Sei. Dalle nuove indagini non sarebbe emerso che questo avrebbe comportato un depauperamento della Chil post e per questo il pm aveva chiesto una nuova archiviazione.
Gabelli, diventato testimone nell’inchiesta fiorentina, ha raccontato agli inquirenti che “alla Delivery service preciso che Laura Bovoli e Giovanna Gambino (moglie di Massone, ndr) si occupavano di questioni amministrativo-gestionali della stessa azienda. Mentre Massone e Renzi erano i commerciali: sono loro che gestivano tutto di fatto”. Gabelli descriveva anche come “venivano create aziende, prevalentemente sotto forma di cooperative, al solo fine di raggruppare i lavoratori o i mezzi”. “Tali realtà venivano distinte dalle società capofila”, come la Eventi 6. Secondo Gabelli i genitori di Matteo Renzi e i coniugi Massone “creavano società cooperative al fine di svolgere il lavoro operativo, concentrando tutte le criticità su queste e lasciando ‘pulite‘ le menzionate società capofila“. Oggi sempre Gabelli, in una intervista a La Verità, sostiene anche altro è cioè di essersi accollato la responsabilità riguardo alla Chil Post, descrive come Tiziano Renzi come “un signore” anche se non “uno stinco di santo” e di aver “seguito troppo il diavolo” riferendosi a Massone. Gabelli sostiene con il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro anche che “dopo il processo si sarebbe aspettato da Tiziano una telefonata e una busta. Invece mi è arrivato un piccolo supporto, nell’ordine di qualche centinaio di euro. Tiziano mi ha fatto fare qualche lavoro di ispezione nel settore del volantinaggio. In nero, ovviamente”, con la cooperativa “la Marmodiv”.
Il nuovo filone d’inchiesta genovese, se dovesse prendere forma, non riguarderebbe però la Chil a meno che dalle carte toscane compaiano elementi non emersi nell’indagine precedente. Nel mirino finirebbero altre società con sede nel capoluogo ligure. A scoperchiare il presunto sistema messo in piedi dai coniugi Renzi erano stati alcuni dipendenti della ‘Delivery’. Tra questi anche uno genovese che ha raccontato ai pm toscani che le direttive operative gli venivano impartire da Mariano e dalla moglie. Ha anche sottolineato che mandava “a Laura Bovoli i contratti di lavoro firmati dai dipendenti dalla sede di Genova” mentre per tutto il resto “mi confrontavo con i miei referenti, ovvero Massone e sua moglie”.