“Thae Yong Ho viene stipendiato dall’intelligence della Corea del Sud. Dopo avere ricevuto denaro per disertare, la sua unica possibilità è di diventare un portavoce della propaganda contro la Corea del Nord, altrimenti non potrebbe sopravvivere nel capitalismo selvaggio”. Per Alejandro Cao de Benós, fondatore della Korean Friendship Association, le dichiarazioni di Thae Yong-ho, ex numero due dell’ambasciata della Corea del Nord a Londra che dal 2016 si è rifugiato a Seul, si esauriscono in una parola: traditore. È stato lui infatti a rivelare che la figlia dell’ex ambasciatore Jo Song-gil nordcoreano in Italia era stata rimpatriata con la forza dopo che i genitori l’avevano abbandonata nella sede diplomatica a Roma. Parole che sono diventate un caso in Italia, con Movimento 5 Stelle e opposizioni che chiedevano al governo di riferire in aula.
Cao de Benós è un fedelissimo del regime di Kim Jong-un e rivendica di essere cittadino nordcoreano: si definisce “delegato speciale della commissione per le relazioni culturali del governo della Corea del Nord” e “rappresentante della Repubblica nordcoreana in Occidente” ed è comparso in diversi documentari (incluso The Propaganda Game) in cui illustra da Pyongyang la bontà del regime di Kim Jong-un. “Facilitatore” tra il paese e i media europei e spesso ritratto in divisa militare, è stato arrestato in Spagna nel 2016 per detenzione abusiva di armi (“due pistole per la mia difesa personale dopo avere ricevuto minacce di morte”, precisa) e le autorità gli hanno ritirato il passaporto. Da allora non è più tornato in Corea del Nord, e nella sua città natale, Tarragona, ha aperto un locale: il Pyongyang Cafe. Per il caso che negli ultimi giorni ha interessato l’Italia, Cao de Benós rimanda tutta la ricostruzione della vicenda alla lettera che Pyongyang ha inviato a Repubblica venerdì 22 febbraio. La 17enne, spiega il documento, è stata accompagnata in aeroporto dal personale femminile dell’ambasciata per “tornare dai nonni” dopo che i suoi genitori, con cui aveva pessimi rapporti, l’avevano abbandonata alcuni giorni prima. Di loro si è persa ogni traccia, anche se pare che con il supporto logistico dei servizi italiani abbiano chiesto e trovato asilo negli Stati Uniti.
“Non entro nel dettaglio delle polemiche in Italia perché non mi compete – dice Cao de Benós a ilfattoquotidiano.it -. Ma posso dire che Thae Yong-ho è considerato un traditore e quindi non ha più nessun collegamento o contatto affidabile con Pyongyang. Tutto quello che dice si basa sul suo lavoro precedente, sugli ordini dell’intelligence sudocoreana o esclusivamente sulla sua immaginazione“. E riguardo alle ritorsioni sui disertori di ritorno e sulle loro famiglie dice: “Non solo Mr. Jo, ma qualsiasi cittadino nordcoreano può porgere sincere scuse per i suoi comportamenti illeciti e rientrare nel paese”. A sostegno della sua tesi invia un video tratto da YouTube in cui un uomo, una donna e un bambino nel passeggino spiegano in nordcoreano tra le lacrime di avere attraversato illegalmente il confine, di essere stati adescati per disertare e fuggire in Corea del Sud, ma di avere poi deciso di rientrare. Nessuna garanzia, però, sull’autenticità del video e sulla traduzione. Quel che è certo è che da venerdì, giorno in cui è stata pubblicata su Repubblica la lettera di Pyongyang, non si è più parlato della figlia e dell’ambasciatore-disertore.