Delusione e preoccupazione per il futuro, poi la consapevolezza che fosse una sconfitta annunciata. Anche se una botta così forte, addirittura con il candidato all’11 e la lista al 9%, neppure i più pessimisti l’avevano prevista. Passare dal 42,5 per cento delle elezioni politiche a percentuali a stento su due cifre, pochi mesi fa era difficile da immaginare. A due settimane dalla sconfitta alle Regionali in Abruzzo, Luigi Di Maio e i suoi devono fare i conti con il risultato in Sardegna e il terzo posto con percentuali bassissime del candidato Francesco Desogus. Che lo sapessero era chiaro: in pochissimi sono andati a fare campagna elettorale sul territorio e la filosofia collettiva ora è quella del “sperare che ci si dimentichi in fretta” di quanto successo e puntare tutto sulla rivoluzione interna. “Andremo avanti con la riorganizzazione, tra domani e dopodomani ci saranno novità importanti per il Movimento”, ha detto il capo politico Di Maio, che questa volta ha deciso di non rimanere in silenzio a lungo (come invece fece dopo la crisi in Abruzzo). Le mutazioni a cui far riferimento potrebbero essere: la nascita di una segreteria politica, l’abolizione della regola dei due mandati e l’apparentamento con le liste civiche. Anche se riguardo a quest’ultimo punto, lo stesso Di Maio oggi ha frenato: “Bisognerà iniziare in maniera sperimentale“, ha detto, “la cosa importante è parlarne con gli iscritti”, coinvolgerli in quello che, premette, “non sarà un percorso lampo”.
Proprio Davide Casaleggio, intervistato dal Fatto, sul punto aveva risposto con freddezza: “Chiedetelo a Di Maio”. E proprio di questo il presidente dell’associazione Rousseau, il capo politico Di Maio e Beppe Grillo hanno parlato nell’ultimo vertice. Insomma un momento di vera rivoluzione interna, anche se Di Maio cerca di tranquillizzare: “Capisco che in questi mesi ci siamo messi contro le banche, le assicurazioni, il gioco d’azzardo, i petrolieri: c’è un certo mondo che che sta gioendo nella speranza che il M5s stia morendo. Ma così non è: il M5s è vivo e vegeto e va avanti“.
I malumori dentro il Movimento però sono molto forti. E’ vero che l’assemblea congiunta di Di Maio con i parlamentari della settimana scorsa, a detta degli stessi partecipanti, è stato “molto costruttiva”. Ma da qui ad aver vinto l’amarezza ce ne vuole. L’attacco più forte, anche oggi, è arrivato dalla senatrice dissidente Paola Nugnes: “La leadership di Luigi Di Maio certamente va rimessa in discussione”, ha detto all’agenzia Adnkronos. Parole molto dure: poche volte prima d’ora, seppure sempre molto critica, era arrivata a mettere in discussione il ruolo dello stesso capo politico. “Da tempo non condivido la linea politica intrapresa e le strategie messe in atto. Se ora, oltre i sondaggi, abbiamo anche verificato con elezioni regionali, che per quanto di altro livello, ci danno il polso di una indubbia e incontestabile perdita di consensi, credo che andrebbe rimessa la palla al centro. Non credo che una riorganizzazione calata dall’alto sia la soluzione. Ci vuole una riflessione collettiva che porti ad una discussione profonda con proposte da valutare tutti insieme”. Contro la Nugnes è stato schierato il tesoriere e deputato Sergio Battelli: “Leggo che la collega Nugnes vorrebbe mettere in discussione la leadership di Luigi Di Maio dopo le #ElezioniregionaliSardegna”, ha scritto su Twitter. “Un consiglio: affronti e sfati la profezia di #Fassino: si candidi lei per guidare il #M5S. Non abbiamo bisogno di picconatori ma di visione e proposte”. Insomma un clima tutt’altro che di serenità.
Chi per il momento preferisce non esporsi, nonostante in silenzio stia covando molte riflessioni sulla situazione attuale del Movimento è il presidente della Camera Roberto Fico: “Dico solo viva la democrazia: si dà il mandato per cinque anni a chi vince le elezioni e poi si rivedrà'”, ha detto a margine di un incontro . La mia “preoccupazione – aggiunge – è trovare un risultato per questi ragazzi e non per le elezioni regionali”. E sulle fibrillazioni nel m5S, replica: “ripeto, sono felicissimo perché sono qui per un progetto stupendo, quello dei detenuti”.
La situazione preoccupa molto in termini di numeri. I 5 stelle sono indietro anche nelle roccaforti sarde. Mentre per Assemini (Cagliari) non sono ancora presenti dati utili, a Carbonia (22 sezioni scrutinate su 32), Comune a guida pentastellata con la Sindaca Paola Massidda, i Cinquestelle con Francesco Desogus arrivano al 13,81%, quando sono state scrutinate 22 sezioni su 32. Christian Solinas (centrodestra) è al 40,26%, mentre Massimo Zedda (centrosinistra) arriva al 35%. A Porto Torres (12 su 24 sezioni), amministrazione guidata da Sean Weeler, Desogus arriva al 17,65%, mentre Solinas è sopra il 47% e Zedda si ferma al 27%.
Desogus dal canto suo, ha detto che non si aspettava niente di diverso. “Sapevo sin dall’inizio che sarebbe stata difficile... mi stava bene anche un secondo posto”, ha detto all’adnkronos. “Però l’importante era fare un buon risultato ed entrare in Consiglio regionale. L’unico rammarico che ho è che io non sono un animale politico… non siamo politici di professione. Io sono una persona venuta dal nulla, mentre chi ha avuto la sua esperienza amministrativa, fa radio, teatro, ha qualità che trovano più appeal. Non posso certo paragonarmi a Salvini” dal punto di vista mediatico. Alla domanda se abbia sentito il capo politico Luigi Di Maio nelle ultime ore, Desogus ha risposto: “Lui non l’ho sentito ma alcune persone del suo staff mi hanno chiamato ieri notte”. Si aspettava dal M5s maggiore sostegno nelle fasi decisive della campagna elettorale? “Le richieste di presenza a Roma le abbiamo fatte, non è che non sia venuto nessuno. Giulia Grillo, Toninelli, Bonisoli, Lezzi, anche Conte… Se questo viene rapportato a Salvini c’è una differenza. Nonostante sia ministro dell’Interno, nell’ultima settimana Salvini ha passato più giorni in Sardegna che al ministero. Di Maio è ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, vicepremier e capo politico: ha già tanti impegni”, ha concluso. Poi, però, all’Huffington Post ha aggiunto una frase più dura: “Metterci la faccia e mettersi a competere con Salvini non era utile. Sarebbe sembrata una gara a due e Di Maio sarebbe andato a perdere, dopo l’Abruzzo ha capito che non poteva permetterselo e quindi ha annullato l’appuntamento in Sardegna”.