Cinema

Oscar 2019, Green Book miglior film. Rami Malek e Olivia Colman premiati per Bohemian Rhapsody e La Favorita. E Cuaron best director

Verdetto ecumenico, orientato alla spartizione dei premi con i valori artistici più tradizionali scansati per far posto ad una premiazione manifesto di una società che cambia e di un cinema che la racconta. Il primo cinecomic candidato della storia, Black Panther, porta a casa tre statuette. Un film messicano come Roma ne porta a casa tre. Spike Lee vince il suo primo Oscar (miglior sceneggiatura non originale) e fa un discorso politico e chiede di andare a votare nel 2020 facendo “la cosa giusta”. Standing ovation per la performance live di Shallow con Lady Gaga e Bradley Cooper

di Davide Turrini

Oscar politico e black come non mai. Green Book, un buddy movie comico sull’integrazione razziale tra un autista buttafuori italoamericano e un pianista afroamericano gay negli Usa degli anni sessanta è l’Oscar per il Miglior Film 2019. Alfonso Cuaron è il miglior regista per Roma (che vince anche l’Oscar come Miglior Film Straniero). Rami Malek/Freddie Mercury è miglior attore per Bohemian Rhapsody e Olivia Colman miglior attrice per La Favorita.

Verdetto ecumenico, orientato alla spartizione degli Oscar tra tanti titoli, con i valori artistici più tradizionali scansati per far posto ad una premiazione manifesto di una società che cambia e di un cinema che la racconta. Il primo cinecomic candidato della storia, Black Panther, porta a casa tre Oscar su quattro nomination. Un film messicano come Roma, con protagonista una donna delle pulizie, ne porta a casa tre. Spike Lee vince il suo primo Oscar (miglior sceneggiatura non originale) e fa un discorso politico dove parla dei suoi “antenati che hanno costruito questo paese” e di andare a votare nel 2020 facendo “la cosa giusta”.

Tra gli attori non protagonisti vincono due star afroamericane come Regina King e Mahershala Ali. Infine fioccano statuette per donne, afroamericane, in categorie in cui non l’avevano mai vinto (Costumi e Scenografia). Insomma l’aspetto più politico e sociale del cinema contemporaneo sposta di lato quello più glamour e tradizionalista (Lady Gaga&Co). Ne esce una serata senza più presentatore/stand up comedian a fare da fil rouge, con personalità dello spettacolo e della politica perfettamente mescolati col manuale Cencelli tra provenienze geografiche per presentare i premi.

Una notte degli Oscar non particolarmente vivace e piuttosto sbrigativa, durante la quale, tramontata l’era del filmone pigliatutto, vincono in tanti: Green Book (tre!), Roma, Black Panther e i regaloni di Natale per Bohemian Rhapsody (quattro Oscar su 5 nomination). Perdono invece in pochi ma molto male: Gleen Close che doveva vincere per The Wife; La Favorita che con dieci nomination torna a casa con un Oscar soltanto; A star is born a segno solo con l’Oscar per la miglior canzone (Shallow); Vice uno su otto (il Trucco) da retrocessione.

La cerimonia è iniziata alle due ora italiana sulle note di We will rock you e We are the champions, cantata dai Queen. Glenn Close e Javier Bardem a saltare come matti, l’effige di Freddie sullo sfondo, qualche casuale pugno chiuso mai visto nemmeno negli anni di Newman e Brando, e l’Oscar a Regina King come Miglior attrice non protagonista per Se la strada potesse parlare del già premio Oscar Barry Jenkins (Moonlight). La King che interpreta la madre della giovane attrice protagonista ha dedicato la vittoria allo scrittore afroamericano James Baldwin, da cui il film è tratto, pacifista convinto e omosessuale: “Essere qui a rappresentare James Baldwin è surreale. Lui ha fatto nascere questo bambino. Dio è buono, tutto il tempo, sempre”.

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