IL sindaco di Gran Sabana, Emilio Gonzalez, denuncia 25 vittime e almeno 84 feriti alla frontiera con il Brasile. Da sabato prosegue la repressione delle forze armate fedeli a Maduro contro cui cerca di far entrare i camion. La Cina parla di "aiuti umanitari a fini politici", mentre per Berlino ora serve "più pressione". Proprio Guaidò ha esortato i Paesi occidentali come il leader a considerare tutte le opzioni possibili
Respingimento degli aiuti stranieri da parte dell’esercito e scontri al confine col Brasile tra gli oppositori del presidente Nicolas Maduro e le forze di sicurezza a lui fedeli: in due giorni di repressione, da sabato scorso, i militari e gli irregolari chavisti hanno ucciso 25 persone e ne hanno ferito almeno 84 a Gran Sabana, alla frontiera venezuelana con il Brasile. Lo ha denunciato il sindaco della località, Emilio Gonzalez, che si è rifugiato in Brasile, attraversando il confine clandestinamente. Intanto il ministero degli Esteri di Pechino condanna quelli che definisce gli “aiuti umanitari per fini politici“, mentre sul fronte dei Paesi schierati con Juan Guaidò si esprime la Germania che chiede di “aumentare la pressione su Maduro affinché si arrivi a libere elezioni nel Paese”.
Guaidò, riconosciuto da molti Paesi occidentali come il leader legittimo del Paese sudamericano, ha sollecitato le potenze straniere a considerare tutte le opzioni possibili per estromettere dal potere il presidente Nicolas Maduro, nella imminenza della riunione del Gruppo di Lima, a Bogotà, alla quale parteciperà oggi il vicepresidente Usa, Mike Pence. Maduro ha dalla sua Russia e Cina (anche se in posizione più sfumata rispetto all’inizio), essendo questi due Paesi tra i principali creditori del Venezuela.
La precedente mossa di Guaidò era stato l’esortazione a far entrare gli aiuti umanitari nel Paese: sabato scorso circa 3mila militari sono arrivati a Santa Elena de Uarein proprio per impedire l’ingresso dei camion depositati a Pacaraima, dall’altra parte del confine. Altri scontri si sono verificati alla frontiera con la Colombia, ma sempre nello Stato venezuelano di Bolivar, a circa 15 km dal confine brasiliano, si erano già registrate le 4 vittime finora confermate della repressione. Il sindaco Gonzalez, che è un indigeno Pemon, ha detto ai media brasiliani che è dovuto fuggire dal suo Paese, perché sa che il governo di Nicolas Maduro lo considera un avversario. Il primo cittadino parla di 25 vittime degli scontri, numero finora non confermato né dalle autorità venezuelane né dalle ong locali.