La sentenza della Corte d'appello non è stata impugnata dalla Procura generale perché si ritiene che sia stato commesso un errore da Procura e giudici non chiedendo l'estensione dell'estradizione dell'ex senatore di Forza Italia, che sta scontando una condanna per concorso esterno
Per un difetto di estradizione era stata azzerata, il 19 ottobre scorso, la condanna a 4 anni di carcere per Marcello Dell’Utri, tra gli imputati a Milano nel processo di secondo grado per una presunta frode fiscale da 43 milioni di euro e commessa tramite la compravendita di spazi pubblicitari televisivi. A deciderlo era stata la seconda Corte d’Appello, presieduta da Guido Brambilla, che ha accolto l’eccezione sollevata dagli avvocati Francesco Centonze e Francesco Bordiga, difensori dell’ex senatore di Forza Italia che sta espiando in detenzione domiciliare la pena definitiva di 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Ma quella decisione, come riporta il Corriere della Sera, non è stata impugnata dalla Procura generale di Milano perché si ritiene che sia stato commesso un errore da Procura e giudici non chiedere al Libano l’estensione dell’estradizione dell’ex senatore di Forza Italia anche per quei reati. Ora la Procura di Milano, che ha costituito un dipartimento “affari internazionali”, dovrà valutare se e come avviare un nuovo fascicolo. La Procura milanese novembre 2015, quando ha chiesto il rinvio a giudizio per il fondatore di Publitalia e i suoi coimputati accusati anche di bancarotta, avrebbe dovuto richiedere pure l’estensione dell’estradizione disposta il 13 giugno 2014 dal Libano, dove era stato arrestato per la sentenza passata in giudicato. Una svista questa che era sfuggita pure al gup che ha processato e condannato con rito abbreviato dell’Utri e inflitto pene dai 2 anni e mezzo ai 3 anni e mezzo di reclusione ad altre 4 persone.
Così nei motivi d’appello aggiuntivi depositati lo scorso agosto e ribaditi in una memoria depositata nel processo di secondo grado, la difesa ha fatto presente che la mancata estensione dell’estradizione “in violazione dell’art. 29 della Convenzione Italia-Libano in tema di cooperazione giudiziaria, ha viziato l’esercizio dell’azione penale”. Estensione che riguarda fatti antecedenti all’estradizione e che è “una condizione di procedibilità”. Di fronte a tale eccezione, e per porre rimedio alla svista, il sostituto pg Celestina Gravina, basandosi sulla riforma Orlando, aveva proposto in aula la sospensione del giudizio per procedere all’estensione dell’estradizione. Istanza respinta
dalla Corte che aveva azzerato il processo per l’ex senatore e stralciato la posizione dei quattro coimputati. Gravina ha lasciato scadere i termini senza impugnare il proscioglimento per “non luogo a procedere” divenuto dunque definitivo.