Mercoledì e giovedì l'attesissimo meeting tra il presidente americano e il leader nord-coreano nella capitale Hanoi. Dal primo incontro a Singapore dello scorso giugno, la denuclearizzazione della penisola è in una fase di stallo. I punti di frizione sono ancora molti e le aspettative contenute: il faccia a faccia potrebbe concludersi con una dichiarazione di pace che metta formalmente fine alla Guerra di Corea
Mancano ormai poche ore all’attesissimo meeting tra Trump e Kim Jong-un, in agenda per mercoledì e giovedì, e a Hanoi i preparativi procedono senza sosta. Bandiere americane e nordcoreane sventolano per le strade della città vietnamita, dove i ristoranti locali offrono per l’occasione un menù fusion altamente simbolico: hamburger accompagnati dal kimchi, piatto tradizionale coreano a base di verdure fermentate con spezie. Note folkloristiche di un vertice ancora incerto tanto nei contenuti quanto nei suoi dettagli logistici.
Secondo quanto riferito dalla Casa Bianca, il summit comincerà mercoledì con un incontro privato a due per poi proseguire con una cena allargata, che stando all’agenzia sudcoreana Yonhap dovrebbe tenersi al Teatro dell’Opera di Hanoi, mentre i negoziati entreranno nel vivo solo nella giornata di giovedì – probabilmente – presso il prestigioso Sofitel Legend Metropole Hotel.
Cosa aspettarsi?
Da quando i due leader si sono incontrati per la prima volta a Singapore lo scorso giugno, il processo di denuclearizzazione della penisola coreana è entrata in una fase di stallo. Secondo l’intelligence americana, dal vertice ad oggi, Pyongyang ha continuato a costruire missili e testate nucleari, sebbene i test siano fermi da un anno e a maggio sia stato smantellato il sito di Punggye-ri davanti ai flash della stampa mondiale. Dagli ultimi scambi con Seul, il regime del Nord sarebbe parso disposto a chiudere anche il centro di ricerca di Yongbyon, fiore all’occhiello del programma nucleare nordcoreano. Ma vuole rassicurazioni e un allentamento delle sanzioni internazionali.
I punti di frizione sono ancora molti e le aspettative degli esperti piuttosto contenute. L’incontro potrebbe concludersi con una dichiarazione di pace – necessaria a mettere formalmente fine alla Guerra di Corea – e l’apertura di uffici di rappresentanza nelle rispettive capitali per facilitare la comunicazione tra le due parti. Misure tese a fugare i timori di Pyongyang circa eventuali future minacce armate, ma che potrebbero mettere in dubbio la permanenza delle truppe americane al Sud. Rimane poi da formulare una definizione più precisa e condivisa del termine “denuclearizzazione”, che, nel suo discorso di inizio anno, Kim ha intimato debba comprendere lo smantellamento dell’ombrello nucleare americano a difesa di Seul.
La parte statunitense, d’altro canto, sembra aver per il momento rinunciato a ottenere una lista precisa dell’arsenale nordcoreano. Sono passati i tempi in cui Washington vagheggiava il compimento della denuclearizzazione entro la fine del primo mandato Trump. Adesso è lo stesso presidente americano a temporeggiare, arrivando persino ad auspicare – se ci saranno le condizioni – un allentamento delle sanzioni per permettere al Regno Eremita di perseguire le riforme economiche annunciate da Kim lo scorso anno nell’ambito di una “nuova linea strategica”.
Non a caso la permanenza del giovane statista in Vietnam si vocifera includerà una visita alla città industriale di Haiphong e a un impianto di Samsung Electronics Co., la multinazionale straniera che incide di più sull’export vietnamita. La nazione del sudest asiatico costituisce un esperimento ben riuscito di transizione da un regime stalinista agrario a un’economia in rapida crescita. Dall’inizio delle riforme del 1986 il Pil è cresciuto cinque volte sotto la guida centralizzata del partito comunista vietnamita. Un modello che certamente fa gola a Kim, ma che presenta ugualmente delle caratteristiche difficilmente conciliabili con la sacralità di cui si ammanta la dinastia nordcoreana al potere.
L’arrivo
Dopo aver attraversato la Cina da nord a sud, il leader nordcoreano è arrivato a bordo del suo treno blindato alla stazione di Dong Dang, nella mattina di martedì alle 8:22 ora locale, dopo 65 ore di viaggio. Accolto con applausi e bouquet di fiori, Kim ha proseguito verso la capitale vietnamita a bordo di una Mercedes-Benz nera scortatissima. Come suggerito dalle misure di sicurezza, la delegazione nordcoreana – che comprende la sorella Kim Yo Jong, il braccio destro Kim Yong Chol e il responsabile per gli affari americani Kim Hyok Chol – alloggerà presso il Melia hotel, nelle vicinanze dell’ambasciata nordcoreana, presso cui Kim si è recato per una breve visita. Meno impervio il viaggio di Trump, che a bordo del suo Air Force One è giunto a destinazione in tarda serata per trovare sistemazione presso il JW Marriott Hotel con il segretario di Stato, Mike Pompeo, e il chief of staff Mick Mukvaney.
di China Files