Né pressioni su Arpa Puglia né atteggiamento morbido nei confronti della famiglia Riva. L’ex governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha respinto tutte le accuse nei suoi confronti durante l’interrogatorio davanti alla Corte d’assiste di Taranto nel processo sul presunto disastro ambientale causato dall’Ilva.
Rispondendo alle domande del pm Remo Epifani, che lo accusa di concussione aggravata in concorso per presunte pressioni sull’Agenzia regionale per l’ambiente per ‘allentare’ i rilievi e le relazioni sulle attività dell’acciaieria, l’ex presidente ha negato di aver mai avuto intenzione di non confermare l’ex direttore generale di Arpa, Giorgio Assennato, così come sostenuto dall’accusa, e ha anche rigettato ogni ipotesi di atteggiamento morbido nei confronti dell’ex proprietà del siderurgico.
L’ex governatore ha invece ricordato che, per intensificare i controlli ambientali, era stato proprio lui a chiamare Assennato per la guida dell’Agenzia preposta ai controlli ambientali sull’acciaieria. Inoltre Vendola ha richiamato le leggi regionali all’avanguardia per il contrasto dell’inquinamento ambientale a Taranto prodotte durante il suo mandato e la volontà di conciliare le esigenze dell’ambiente e della salute con quelle dei lavoratori.
I fatti contestati all’ex governatore pugliese risalgono al periodo compreso tra il 22 giugno 2010 e il 28 marzo 2011. Imputati assieme all’ex governatore ci sono 3 società e altre 44 persone. Tra queste Fabio e Nicola Riva, componenti della famiglia ex proprietaria dello stabilimento siderurgico, ora passato sotto il controllo di ArcelorMittal, accusati insieme a dirigenti ed ex fiduciari di associazione per delinquere, disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.