La stretta di mano è arrivata come previsto attorno alle 12.35 ora italiana al Sofitel Legend Metropole di Hanoi, contornata dallo scambio di sorrisi, convenevoli e dichiarazioni amichevoli tra i due leader già visti nel corso del primo incontro, il 12 giugno a Singapore. Il secondo summit tra il presidente Usa Donald Trump e il leader Kim Jong-un “sarà un successo”, ha previsto il tycoon nei primi commenti subito dopo l’incontro con il leader di Pyongyang. Il capo della Casa Bianca ha ripetuto che la Corea del Nord “ha un potenziale economico senza limiti” e di “essere impaziente di vederlo” e rilevando di considerare un “onore essere con Kim”.

Il summit è stata una “decisione coraggiosa” di Trump, ha ricambiato Kim. I due Paesi “hanno superato la sfiducia” maturata dopo il primo summit, ha aggiunto Kim, assicurando il “massimo impegno” per la riuscita e di volere risultati che siano graditi a tutti. Per il secondo summit, tuttavia, “c’è voluta molta pazienza”. Con Trump che da parte sua si è spinto a definire il loro rapporto come “una relazione speciale“. E’ presto, però, per parlare di obiettivi diplomatici, tanto che Trump ha risposto con un “vedremo” alla domanda se ci sarà la “dichiarazione di fine guerra” di Corea del 1950-53, di cui si è parlato nei giorni scorsi come ipotesi ventilata da Seul per la distensione dei rapporti bilaterali. Non ci sarebbero effetti legali, non essendo un trattato di pace, di sicuro un forte impatto simbolico.

Il programma della serata prevede una ‘Social dinner’ di soli uomini al Metropole tra i due leader, mentre la nota femminile è demandata alle due interpreti, almeno in base alle immagini trasmesse all’inizio della cena. E’ stata una cena breve, ha detto il presidente Usa, perché “domani abbiamo una giornata impegnativa”, ha detto stando al pool dei media, auspicando che porti ad una “situazione meravigliosa”.

Al termine, il “supremo comandante” Kim ha lasciato il Metropole dirigendosi con il suo corteo di auto verso l’hotel Melia, il cinque stelle dove alloggia con la sua delegazione. Il faccia a faccia tra leader di 20 minuti e la cena puntavano a creare un clima cordiale e favorevole al fine di poter affrontare i temi più delicati. Domani si saprà se le due ore vis-a-vis tra Trump e Kim saranno state sufficienti per far avanzare i negoziati sui dossier pesanti: dalla denuclearizzazione ai rapporti bilaterali e alla pace duratura.

Già da questa sera i leader hanno provato a puntare l’attenzione sulla praticabilità dei passaggi “concreti e verificabili” (con l’uso di ispettori internazionali) sulla denuclearizzazione a carico di Pyongyang, oltre all’impervio capitolo degli impianti nucleari (su tutti lo smantellamento del reattore di Yongbyon) e di stoccaggio, e al corposo arsenale dalle potenziali 30-60 testate atomiche, arricchitosi da ultimo dei missili a gittata intercontinentale. A fronte di tutto ciò, in capo a Washington pendono le diverse concessioni da riconoscere. Negli ultimi tempi, per evitare incomprensioni, è emersa addirittura la necessità di procedere a un’interpretazione “autentica” alla terminologia dalle parti.

Ad accompagnare il tycoon in Vietnam ci sono il segretario di Stato Mike Pompeo e il chief of staff reggente Mick Mulvaney, ma non il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, un “falco” finito nel mirino di Pyongyang per il suo richiamo alla denuclearizzazione del Nord sul modello libico. Kim è accompagnato dal “braccio destro” Kim Yong-chol, ex generale ed ex numero uno dei servizi segreti militari, e dal ministro degli Esteri Ri Yong-ho che ha riempito l’unica casella incerta, almeno fino al pomeriggio, che ha lasciato ipotizzare la partecipazione di Kim Yo-jong, l’inseparabile e onnipresente sorella minore del leader.

Durante la prima giornata del vertice si è consumato anche l’ennesimo scontro tra l’amministrazione Trump e la stampa. Quattro i giornalisti, i tre inviati delle agenzie Associated Press, Bloomberg e Reuters e il cronista del Los Angeles Times, sono stati esclusi dal pool che ha seguito la cena. Un gesto che la portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders, ha giustificato riferendosi l’inopportunità di alcune “domande gridate durante i precedenti punti stampa”. Tra queste, la domanda, ignorata da Trump, sulle nuove accuse dell’ex legale e del presidente Michael Cohen.

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