Un Paese sessista che fa fatica a cambiare e a intervenire adeguatamente nella tutela dei diritti delle donne. Questo è il ritratto che esce dalle 75 pagine del Rapporto Ombra per il Grevio, il Gruppo di esperte responsabile del monitoraggio dell’attuazione della Convenzione di Istanbul, ratificata dal governo italiano nel 2013. Il Rapporto Ombra è stato redatto da associazioni ed esperte sui temi della Convenzione di Istanbul (una trentina i soggetti coinvolti) con il coordinamento delle avvocate Elena Biaggioni e Marcella Pirrone di D.i.Re. Ieri si è svolta la presentazione nella sala della stampa estera a Roma con la partecipazione di Raffella Palladino, presidente D.i.Re, Linda Laura Sabbadini, statistica ed editorialista de La Stampa, e altre esperte.
Se è vero che lo Stato si è dimostrato più attento al tema della violenza nei confronti delle donne, è altrettanto vero che è intervenuto soprattutto sul piano della criminalizzazione delle condotte. Il motivo è semplice: legiferare è facile e richiede meno impegno che pensare e strutturare interventi politici in tema di prevenzione e di protezione, che spesso non sono realizzati proprio a causa della cultura ancora intrisa di patriarcato, che fonda le relazioni tra uomini e donne su disparità. Tutto questo rende più difficile la strada per un cambiamento profondo. Nelle scuole sono pochi gli interventi per abbattere pregiudizi e stereotipi che alimentano una sottocultura intrisa di misoginia e sessismo. I media si sono distinti negativamente per cattive narrazioni sulla violenza contro le donne, ma anche per vere e proprie aggressioni nei confronti di donne in politica (ricordate La patata bollente, il titolo di Libero su Virginia Raggi?).
Persiste la nota dolente sull’assegnazione di fondi alle case rifugio e ai centri antiviolenza, che sono precari e mal distribuiti, e persiste un problema per l’accesso alla giustizia delle donne vittime di violenza. Nel procedimento penale ci sono ancora molte criticità, ma è soprattutto in ambito civile che le tutele sono azzerate, con la devastante interpretazione della regolamentazione dell’affidamento dei figli nei casi di violenza. Infine ci sono molte problematiche che riguardano nello specifico le migranti e le donne con disabilità vittime di violenza.
Un altro aspetto critico riguarda il sistema di rilevazione dati, che è ancora troppo frammentato. L’Istat ha fatto due rilevazioni nazionali: una nel 2006 e l’altra nel 2014. Tra la prima e la seconda rilevazione è trascorso un lasso di tempo di ben otto anni, e ancora non si parla della prossima. Tutto questo in violazione dell’articolo 11 della Convenzione di Istanbul. Non esiste ancora un sistema di rilevazione dei dati coordinato e condiviso da tutti i soggetti coinvolti. Lo ha spiegato Paola Sdao (Centro Roberta Lanzino di Cosenza – D.i.Re), puntando il dito contro le lacune del sistema: “In molti archivi non viene rilevato il dato di relazione tra il maltrattamento e la donna vittima di violenza. Non viene mai rilevato il dato sulla violenza economica. Il quadro che ne viene fuori è di frammentarietà e discontinuità nelle rilevazioni del nostro Paese, che ha molte fonti ma tutte carenti, incomplete e parziali. In campo sanitario e sociale non c’è un sistema di rilevazione nazionale delle donne che chiedono aiuto. Se passiamo alle fonti delle forze dell’ordine, la cosa cambia di poco. Non vengono rilevati ordini di protezione del giudice civile o il numero di archiviazioni e nemmeno dei provvedimenti di tipo amministrativo, come gli ammonimenti del questore. Inoltre il ministero degli Interni nelle sue rilevazioni non distingue tra femminicidi e uccisioni di donne per motivi estranei alle questioni di genere e non rileva nemmeno il dato delle donne uccise quando l’autore del femminicidio si suicida”.
“Il Rapporto ombra per il Grevio – ha commentato Raffaella Palladino – indica una realtà critica e preoccupante, perché la Convenzione di Istanbul fatica a essere applicata, ma la situazione è ulteriormente peggiorata negli ultimi mesi per le politiche del governo, che ha la tendenza a mettere in atto politiche securitarie e repressive. La legge sulla sicurezza espone al rischio di violenza le donne immigrate, il ddl Pillon mette ostacoli al diritto di separarsi e mina le tutele per donne e minori vittime di violenza. E poi ci sono gli attacchi alla legge 194 e alla legge Merlin“.
Queste le criticità. Ma l’importante è restare unite, così come ha invitato a fare Linda Laura Sabbadini durante il suo intervento. L’8 marzo è vicino, restiamo unite.