La corte dei Conti ha aperto un fascicolo sul caso di Stefano Cucchi. L’ipotesi è un eventuale reato contro l’amministrazione della giustizia ma bisognerà attendere che il processo in corso arrivi a sentenza definitiva. Nel frattempo anche l’avvocato della famiglia Cucchi annuncia l’intenzione di voler muover un’azione risarcitoria nei confronti dello Stato. Il processo per l’omicidio del geometra romano è ancora in corso, mentre parallelamente le indagini per il depistaggio del pm Giovanni Musarò sono a una svolta. “C’è un fascicolo aperto all’indomani dell’episodio ma siamo in attesa del giudicato penale sulla vicenda”, dice Massimiliano Minerva, consigliere della Corte dei Conti del Lazio. “Per muoversi su un eventuale danno di immagine – aggiunge – la norma prevede il passaggio in giudicato della sentenza. Il fatto è che in un primo momento nella vicenda Cucchi si ipotizzavano solo reati di violenza privata, estranei alla Pa, adesso invece, negli ultimi processi stanno venendo fuori reati diversi come il falso, che anche questo non riguarda la pubblica amministrazione, oppure il cosiddetto depistaggio, che potrebbe essere un reato contro l’amministrazione della giustizia, quindi un primo profilo potrebbe essere questo quando ci sarà il giudicato”.
Dichiarazioni, quelle di Minerva, alle quali si aggiunge l’annuncio di Fabio Anselmo: “Alla luce della catena di falsi che sta emergendo, stiamo prendendo in considerazione un’azione legale nei confronti del Comune di Roma e valutiamo un’azione riscarcitoria nei confronti dello Stato”, ha detto l’avvocato della famiglia. “Il primo processo, quello sui medici, sarebbe terminato con la prescrizione ma – spiega Anselmo – rimane in piedi solo per l’ormai unica parte civile, che è il Comune di Roma. Di fatto tutto ciò sta aiutando medici e carabinieri, i quali sperano di usufruire di una perizia che si basa su un processo sbagliato e sulle deposizioni di carabinieri che oggi sono imputati e coinvolti nell’inchiesta bis”.
Nel processo in corso a Roma sono imputati cinque carabinieri: Francesco Tedesco, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro devono rispondere di omicidio preterintenzionale, mentre Roberto Mandolini di calunnia e falso, e Vincenzo Nicolardi di calunnia. Parallelamente va avanti un’altra inchiesta, quella sui militari che depistarono le indagini sulla morte di Cucchi già nel novembre del 2009. Diversi gli alti ufficiali indatagati mentre ieri in aula ha testimoniato il generale Vittorio Tomasone .
Diversi i “non ricordo” della deposizione del generale. Anche quando il pm chiede: “Lei sa se l’Arma dei carabinieri avesse nominato specialisti per fare una sorta di consulenza parallela”. E così Musarò, che quell’atto lo ha appena depositato, non riesce a trattenersi: “Sono in imbarazzo. Queste righe smentiscono in modo clamoroso Tomasone. Ed è un atto firmato dal generale. Se non me lo fate esibire la dichiarazione risulta falsa e lo dobbiamo far tornare”. E ci riprova: “Come facevate a conoscere i risultati parziali dell’autopsia?”, chiede il pm. Il generale ha replicato di non ricordare come fosse stata assunta quell’informazione. Eppure in questa nota, come spiega il pm, si anticipa il contenuto di un’autopsia che all’epoca neanche esisteva: “L’atto di Tomasone è del primo novembre – spiega Musarò –. Il 23 ottobre 2009 il dottor Tancredi era stato nominato consulente di parte civile. Il 6 novembre Tancredi (…) dice ‘Non sono in grado da solo di fare questa autopsia’ e auspica l’inserimento di altri consulenti’”.