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Italia’s Got Talent, cercasi musicisti per la serata finale ma senza compenso. Parla uno di loro: “Pensano di pagarci con la visibilità?”

Secondo quanto ci è stato segnalato da alcuni musicisti, la produzione del programma sarebbe alla ricerca di musicisti che suonino trombe, tromboni, sax, organi e addirittura di una sezione di quindici/venti archi. L'impegno previsto, secondo la mail arrivata a molte scuole di musica e all'indirizzo di alcuni musicisti (più o meno) professionisti, sarebbe di tre giorni ma tutto "gratis"

di Giulio Pasqui

Come può una mega produzione televisiva come quella di Italia’s Got Talent non prevedere un compenso per un gruppo di giovani musicisti chiamati a svolgere il proprio lavoro? Il prossimo 22 marzo a Milano si terrà la finalissima del talent trasmesso da Tv8 e prodotto da Fremantle. Fin qui nulla di strano, sennonché tra gli effetti speciali, le esibizioni spettacolari e il mega corpi di ballo, sul palco del programma condotto da Lodovica Comello è prevista anche la presenza di una band e di una sezione di archi. Qui sta l’inghippo.

Secondo quanto ci è stato segnalato da alcuni musicisti, la produzione del programma sarebbe alla ricerca di musicisti che suonino trombe, tromboni, sax, organi e addirittura di una sezione di quindici/venti archi. L’impegno previsto, secondo la mail arrivata a molte scuole di musica e all’indirizzo di alcuni musicisti (più o meno) professionisti, sarebbe di tre giorni: uno di “conoscenza”, uno per le prove generali e uno per la diretta. Il problema? Non sarebbe previsto alcun compenso per il loro lavoro. Dovrebbero lavorare “aggratis”, insomma. Per la gloria.

Va bene l’esperienza prestigiosa, va bene la vetrina, va bene tutto. Ma l’insoddisfazione tra chi ha ricevuto quella mail è palpabile, tanto che ha cominciato a circolare sui social. Ci ha contattato il giovane musicista Edoardo Migliorini: “Mi pare assurdo che in Italia, nel 2019, ancora l’attività del musicista non sia classificata come lavoro. Ed è pure assurdo che un programma televisivo di questo spessore non riservi ai musicisti lo stesso trattamento riservato ai tecnici, agli autori, ai direttori della fotografia e a qualunque altra professionalità presente all’interno dello studio. E’ una brutta abitudine, diffusa anche altrove: pensano di ripagare il musicista – che magari viene da lontano e deve sostenere delle spese di viaggio o di alloggio – dandogli la visibilità di un palco? Purtroppo con la ‘visibilità’ non si pagano le bollette. Sarebbe bello se in Italia cambiasse l’approccio verso chi fa musica, sarebbe bello se ci avvicinassimo a quello che già succede all’estero, dove la cultura musicale è sacra, rispettata e valorizzata”. Siamo sicuri che la produzione riuscirà a venire incontro a questi giovani: abbiamo provato a contattare la Fremantle ma non abbiamo ancora avuto risposta.

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