Una giornata con i giovani che hanno partecipato alla selezione per otto posti nella clinica cattolica di Hagen: “È da luglio che praticamente non facciamo nulla. E non guadagniamo niente". Il primario dell'ospedale tedesco spiega al fatto.it: "Dall'entrata in vigore della normativa Ue sull’orario di lavoro siamo costretti ad assumere, ma nelle università tedesche c’è il numero chiuso”
Un foglio A4 attaccato al muro con la scritta “medici” e una freccia rossa che indica di proseguire a destra. Un passaggio pedonale tra i condomini, porta a vetri che si apre automaticamente e una fila di italiani che sognano di andare a fare i dottori in Germania. Alle nove e trenta di martedì mattina in via Cristoforo Colombo 118, a Roma, inizia la seconda giornata di selezioni per otto posti nella clinica cattolica di Hagen, cittadina tedesca di quasi 200mila abitanti, a un’ora da Düsseldorf. Quaranta neolaureati in Medicina da tutta Italia, isole comprese. C’è chi arriva con il trolley, chi con la classica ansia da esame, chi sorride perché come va, va. Pochissimi sanno già qualche parola di tedesco, tutti gli altri zero. C’è chi addirittura non è mai stato in Germania, neanche da turista. Nessuno comunque sa a quali domande dovrà rispondere.
“È da luglio che praticamente non facciamo nulla. E non guadagniamo niente. Dopo la laurea ci siamo preparati per l’esame all’abilitazione, quello per iscriversi all’ordine professionale, per il test d’accesso alla specializzazione invece non c’era più tempo”, raccontano a ilfattoquotidiano.it tre ragazzi arrivati insieme da Perugia. Uno di loro ha già in mano un certificato di buona conoscenza della lingua tedesca. “Oggi è un buon investimento”, dice. Un altro sta frequentando un corso. Ma perché mollare l’Italia per la Germania? “Là ti formi in corsia, facendo il medico per davvero. Non devi fare un altro concorso, ti assumono con un colloquio, conti per quello che sei e sai fare”.
Luca, 26 anni, è arrivato lunedì con un volo da Messina: “Ho deciso di partecipare perché non ho passato il test per entrare a oncologia e perché nel nostro Paese i contratti per i medici sono fermi da dieci anni. In Germania gli stipendi sono molto più appetibili”. Mentre Federica, 27enne anche lei di Messina, non ci ha neanche provato a fare il concorso per specializzarsi in Italia: “Mi sono laureata un anno fa e da allora ho fatto solo guardie mediche. Ho preparato la tesi a Francoforte e ho sempre pensato un giorno di ritornarci. Mi sono trovata benissimo, la paga è buona, ti puoi mantenere. Conosco colleghi con la borsa di studio che a Milano condividono ancora casa”.
Lo stipendio base nell’ospedale di Hagen è di 4.400 euro al mese. Il primo contratto dura cinque anni. “Ci sono arrivati 300 curriculum, mai così tanti come questa volta, ma abbiamo accettato solo 80 candidati, 40 lunedì e 40 martedì”, spiega il referente della Joblaborum, agenzia interinale di Tenerife che da almeno cinque anni recluta medici italiani per la Germania e la Svizzera. Sono tutti seduti in un’aula, con un depliant stretto fra le mani con la foto della clinica, le luci appena spente e gli occhi che fissano le slide con tutte le informazioni per il lavoro dei sogni proiettate sulla parete bianca. L’unico requisito è la laurea in Medicina. Il corso intensivo di tedesco, di 5/6 mesi, viene sovvenzionato con fondi europei. Una volta superato l’esame (livello B2), il giovane medico italiano potrà iniziare a operare nella clinica tedesca.
Se da una parte si conoscono quello che spinge gli aspiranti specialisti a migrare all’estero (assunzioni con il contagocce, tanto precariato, paghe ferme da dieci anni, ritmi di lavoro stressanti), dall’altra però si ignorano i motivi per cui il Paese di Angela Merkel viene a caccia di camici bianchi da noi. Il dottor Mueller, primario di Medicina interna ad Hagen e incaricato di incontrare i candidati dopo la presentazione, spiega a ilfattoquotidiano.it che “da quando è entrata in vigore la normativa europea sull’orario di lavoro per il personale sanitario che impone 11 ore di riposo continuative tra un turno e l’altro, siamo stati costretti ad assumere più medici per non lasciare scoperti i reparti. Ma nelle università tedesche c’è il numero chiuso e non si laureano abbastanza medici”.
In fondo all’aula ci sono quattro tavoli per i colloqui. Sul primo un cartello con scritto “medicina interna e cardiologia”. Sul secondo, un altro con “anestesia”. Il terzo è per gli aspiranti psichiatri. E l’ultimo per i candidati di geriatria e neurologia. “Io vorrei diventare una psichiatra – sussurra all’ingresso Paola, 33 anni, direttamente dalla Sardegna con la sorella a farle compagnia – A Sassari non ho passato il test d’ingresso per la specializzazione, nel frattempo ho fatto sostituzioni come medico di base, guardia medica turistica e nelle manifestazioni sportive. Incrocio le dita per la Germania, mi hanno detto che là ai medici in formazione vengono affidate delle responsabilità, mica come qui dove prima devi guardare e chissà quando impari a essere autonomo”.
Luigi, 26enne di Sorrento, ha studiato a Roma e un mese fa ha mollato la borsa di studio che aveva vinto per dermatologia. “Quando ho detto al responsabile del reparto che mi sarei ritirato perché nessuno mi segue lui senza guardarmi mi ha detto che i tutor non riescono a badare agli specializzandi perché sono troppo stressati”. Alice, 28 anni, di Venezia, ha già vissuto cinque mesi a Monaco e comunque vada oggi in Italia non ci vuole restare. Andrea, 24 anni, è fresco di laurea a Napoli. Ha sostenuto il colloquio lunedì pomeriggio: “Mi hanno chiesto perché intendo fare l’anestesista e se dopo i cinque anni di formazione mi piacerebbe rimanere in Germania. Ovviamente sì, gli ho risposto. Si preoccupano se in futuro ci mancherà il sole, il mare, la famiglia e gli amici. I miei nonni non ci sono più, la mia fidanzata non vede l’ora di fare le valige con me e i miei possono raggiungermi quando vogliono con un volo low cost”. Fra una settimana Andrea come tutti gli altri saprà se ha vinto il posto oppure no.