Mi è esploso davanti agli occhi Ercole nell’anfiteatro di Pompei. Ho canticchiato “Anema e Core” con Francesco De Gregori. Ho cenato con Jean Nouvel dentro la chiesa Donna Regina, un gioiello barocco. Ho ballato un rock and roll con Mimmo Paladino. Al Madre ho applaudito la performance di Luna Cenere sotto lo sguardo del maestro Robert Mapplethorpe. Aderisco all’aforisma di Oscar Wilde, convinto che una maschera dicesse più di una faccia, e non mi sono fatta mancare neanche la prima al San Carlo di “Un Ballo in maschera”. Una Napoli, millenaria e contemporanea, mi ha travolto in 36 ore. Cominciamo per ordine.
L’artista cinese dal nome impronunciabile Cai Guo-Qiang “incendia” l’anfiteatro di Pompei con fuochi d’artificio che simulano l’eruzione del Vesuvio. Il botto è tale che, seduta per terra in pole position, di fianco a me il curatore geniale francese Jerome Neutres, ci mettiamo la mano davanti alla bocca per non respirare la polvere da sparo, pulviscoli d’artista che vanno a “disegnare” le tele bianche disposte a mo’ di tappeti. Ogni dettaglio è studiato a regola d’arte da Cai che in Cina (non solo) è una arci/star e ha sparato fuochi grandiosi anche ai giochi olimpici a Pechino.
A Pompei invece le proteste sindacali sono state più pirotecniche dei fuochi, rischiavano di far saltare la madre di tutte le performance. Braccio di ferro tra il Parco Archeologico e i “gilet jaunes” nostrani. Collezionisti d’arte da tutti il mondo con il fiato sospeso, alla fine con tre ore di ritardo, Cai accende la prima miccia dal centro dell’arena. Per l’emozione inciampa e cade. Quando l’ultimo fuocherello si spegne rimangono statue di cartapesta mozzate, anfore frantumate. I pezzi di “reperti” archeologici sono in mostra al Maan fino al 20 maggio. Solo dopo saranno messi in vendita. Il clone dell’Ercole inceneritio varrebbe sui 350mila euro e c’è già la lista d’attesa per accaparrarselo. Alla cena di sfiziosità gourmet e placé organizzata dalla Fondazione Morra sotto la volta affrescata di Donna Regina c’era pure un defilatissimo archistar, Jean Nouvel, capello rasato e sguardo un po’ mefistofelico.
Ancora una meravigliosa chiesa rinascimentale sconsacrata, quella di Caterina Da Siena, dove azzardo un passo rock con l’artista Mimmo Paladino mentre Eduardo Cicelyn spegne 60 candeline. Su un alterino un pannello con corno psichedelico cadeau benaugurante di Mimmo. Poche ore prima Eduardo nella sua galleria, Casa Madre, il salotto chic dell’arte di Piazza De’ Martiri, aveva presentato il suo ultimo progetto: un’ insolita sinergia fra il cantautore Francesco De Gregori e Paladino. Si chiama “Anema e Core”, un 33 giri con una xilografia, in edizione limitatissima. E il pubblico in sala si scatena con il ritornello Nuje ca perdimmo a pace e ‘o suonno.
Al Museo Madre, Laura Valente, presidente della Fondazione Donna Regina, continua i suoi esperimenti danzanti, format esportato da qui in tutto il mondo. E la coreografa Luna Cenere, bravissima, balla vestita solo della sua fisicità. Natural gravitation, postures per Bob, è un’opera d’arte in movimento, un omaggio al maestro Robert Mapplethorpe e i suoi scatti sembrano fluttuare con lei.
Tutto esaurito per la prima del melodramma “Un ballo in maschera” al Teatro San Carlo. Fu proprio il Lirico napoletano a commissionargliela, per poi censurarla. Quando Giuseppe Verdi l’ha composta entrava e usciva dalla depressione e andava a farsi curare alle Terme di Montecatini. Se avesse saputo che anche i dintorni di Napoli erano “miracolosamente” ribollenti…
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