Dal 3 marzo La Gazzetta del Mezzogiorno non sarà più in edicola. I giornalisti dello storico quotidiano del Sud iniziano sabato 2 marzo uno sciopero ad oltranza per protestare contro la situazione di incertezza in cui versa ormai da settembre la società editrice, le cui quote di maggioranza sono state sequestrate dal Tribunale di Catania nell’ambito di un procedimento di prevenzione ai danni dell’editore Mario Ciancio Sanfilippo. La protesta, votata a maggioranza dall’assemblea dei giornalisti, riunita oggi a Bari, provocherà quindi la mancata uscita in edicola del giornale a partire da domenica.
In una lettera ai lettori pubblicata sul sito, i giornalisti spiegano che l’ultimo stipendio corrisposto ai lavoratori della Gazzetta “risale allo scorso mese di novembre, poi nulla più”. Solo “acconti elargiti a mo’ di mance e, soprattutto, né buste paga, né altri giustificativi, ma solo tanto silenzio”. Un silenzio definito “assordante da parte di tutti: da parte di un’azienda che ancora oggi continua ad essere amministrata da Franco Capparelli, l’uomo di fiducia dell’editore indagato e che, malgrado sia stato sollevato dall’incarico con un provvedimento della magistratura siciliana dello scorso 19 gennaio, continua a esercitare le proprie funzioni”, nonché da parte degli amministratori giudiziari catanesi “Bonomo e Modica che non rispondono mai per iscritto alle nostre istanze e che sembrano inspiegabilmente ostinati a voler cristallizzare una situazione assurda”.
I giornalisti se la prendono anche con il tribunale etneo che, “pur avendo ricevuto i rappresentanti di tutte le maestranze della Gazzetta, sembra non rendersi conto che i cosiddetti tempi tecnici della giustizia mal si conciliano con le esigenze di un’azienda editoriale e meno che mai con quelle dei lavoratori e delle loro famiglie, che pur senza stipendio sono costretti a doversi confrontare con le esigenze quotidiane della sopravvivenza. Sì, cari lettori, avete inteso bene: sopravvivenza. Perché di questo stiamo parlando, non certo della rinuncia a qualche agiatezza”.
“I colleghi de La Gazzetta del Mezzogiorno, un giornale che ha 131 anni di storia, da quattro mesi non vengono pagati, lavorano gratis e chiedono certezze”, ha detto il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, che insieme al presidente, Giuseppe Giulietti, ha presentato a Perugia la campagna nazionale ‘No tagli, no bavagli’, che il sindacato dei giornalisti promuoverà nei prossimi mesi con iniziative in tutta Italia. Anche da parte di Lorusso sono arrivate critiche agli amministratori nominati dal Tribunale perché “stanno gestendo una società, una azienda che produce un bene primario quale l’informazione, esattamente come gestirebbero una qualsiasi altra azienda, come se un giornale fosse una pizzeria”.
Media & Regime
Gazzetta del Mezzogiorno non sarà più in edicola dal 3 marzo: sciopero ad oltranza dei giornalisti, senza stipendio da 4 mesi
La società editrice versa in uno stato di incertezza da quando le quote di maggioranza sono state sequestrate dal Tribunale di Catania all’editore Mario Ciancio Sanfilippo. La lettera dei dipendenti: "Senza stipendio da novembre. Siamo alla sopravvivenza, non certo della rinuncia a qualche agiatezza". Fnsi: "131 anni di storia e gli amministratori giudiziari lo gestiscono come se fosse una pizzeria"
Dal 3 marzo La Gazzetta del Mezzogiorno non sarà più in edicola. I giornalisti dello storico quotidiano del Sud iniziano sabato 2 marzo uno sciopero ad oltranza per protestare contro la situazione di incertezza in cui versa ormai da settembre la società editrice, le cui quote di maggioranza sono state sequestrate dal Tribunale di Catania nell’ambito di un procedimento di prevenzione ai danni dell’editore Mario Ciancio Sanfilippo. La protesta, votata a maggioranza dall’assemblea dei giornalisti, riunita oggi a Bari, provocherà quindi la mancata uscita in edicola del giornale a partire da domenica.
In una lettera ai lettori pubblicata sul sito, i giornalisti spiegano che l’ultimo stipendio corrisposto ai lavoratori della Gazzetta “risale allo scorso mese di novembre, poi nulla più”. Solo “acconti elargiti a mo’ di mance e, soprattutto, né buste paga, né altri giustificativi, ma solo tanto silenzio”. Un silenzio definito “assordante da parte di tutti: da parte di un’azienda che ancora oggi continua ad essere amministrata da Franco Capparelli, l’uomo di fiducia dell’editore indagato e che, malgrado sia stato sollevato dall’incarico con un provvedimento della magistratura siciliana dello scorso 19 gennaio, continua a esercitare le proprie funzioni”, nonché da parte degli amministratori giudiziari catanesi “Bonomo e Modica che non rispondono mai per iscritto alle nostre istanze e che sembrano inspiegabilmente ostinati a voler cristallizzare una situazione assurda”.
I giornalisti se la prendono anche con il tribunale etneo che, “pur avendo ricevuto i rappresentanti di tutte le maestranze della Gazzetta, sembra non rendersi conto che i cosiddetti tempi tecnici della giustizia mal si conciliano con le esigenze di un’azienda editoriale e meno che mai con quelle dei lavoratori e delle loro famiglie, che pur senza stipendio sono costretti a doversi confrontare con le esigenze quotidiane della sopravvivenza. Sì, cari lettori, avete inteso bene: sopravvivenza. Perché di questo stiamo parlando, non certo della rinuncia a qualche agiatezza”.
“I colleghi de La Gazzetta del Mezzogiorno, un giornale che ha 131 anni di storia, da quattro mesi non vengono pagati, lavorano gratis e chiedono certezze”, ha detto il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, che insieme al presidente, Giuseppe Giulietti, ha presentato a Perugia la campagna nazionale ‘No tagli, no bavagli’, che il sindacato dei giornalisti promuoverà nei prossimi mesi con iniziative in tutta Italia. Anche da parte di Lorusso sono arrivate critiche agli amministratori nominati dal Tribunale perché “stanno gestendo una società, una azienda che produce un bene primario quale l’informazione, esattamente come gestirebbero una qualsiasi altra azienda, come se un giornale fosse una pizzeria”.
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L’Italia arresta e poi scarcera il comandante libico accusato di torture dalla Corte dell’Aja. Tutti i dubbi sul ruolo del ministero di Nordio
Zonaeuro
Von der Leyen a Davos invoca l’unità europea e si appella a Trump: ‘Negoziamo, rompere non conviene’. Zelensky: ‘Ue si dia una mossa, alzi la voce con gli Usa’
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Ucraina, M5s e Avs: “Stop all’invio di armi, no agli attacchi in Russia”. Ma Pd: “Rispettare impegni presi”
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Perchè il capo della polizia giudiziaria libica Almasri arrestato sabato a Torino, per la Corte Penale Internazionale colpevole di crimini di guerra e contro la dignità umana, è stato scarcerato e rimandato in Libia? È una pagina inquietante, il governo deve spiegazioni". Così su X Pierfrancesco Majorino, responsabile Politiche migratorie nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Meloni non doveva fare la guerra in tutto il globo terracqueo ai trafficanti di esseri umani e arrestarli? Oggi invece ha liberato il trafficante e torturatore libico Almasri Habish e lo ha rimandato in Libia, nonostante un mandato di arresto della Corte penale internazionale. Che vergogna Giorgia Meloni". Lo dichiara il coportavoce nazionale di Europa Verde e deputato di AVS Angelo Bonelli.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Rimaniamo in attesa della conferma ufficiale e della motivazione che ha portato alla scarcerazione del trafficante di esseri umani libico arrestato nei giorni scorsi a Torino". Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs.
"Naturalmente se questo personaggio potrà lasciare tranquillamente l’Italia invece di essere consegnato alla Corte Penale Internazionale per essere giudicato sarà chiaro a tutti - alla CPI, all’Interpol, alla comunità internazionale e ai cittadini del nostro Paese - che l’attuale governo italiano, Meloni, Nordio, Piantedosi proteggono i trafficanti di esseri umani e i torturatori libici".
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "È gravissimo che il comandante della polizia giudiziaria libica Najeem Osema Almasri Habish, arrestato domenica scorsa a Torino, sia stato rilasciato e rinviato in Libia, nonostante ci sia un mandato d’arresto della Corte penale internazionale. Presentiamo una interrogazione urgente al ministro Nordio affinché venga a riferire in aula già nelle prossime ore”. Lo afferma il segretario di Più Europa Riccardo Magi.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "La vicenda della scarcerazione del generale Almasri è gravissima. Domani mattina chiederemo conto al Ministro Nordio in aula di questa scelta che a noi sembra assurda. Cosa c’è sotto?". Così Matteo Renzi sui social.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - “Per il ministro Salvini, dal primo di gennaio i ritardi ferroviari sono tutta colpa dell'eversione e del sabotaggio. Peccato che i dati dell’ultimo trimestre, senza catene sulla linea, senza sabotaggi, senza esposti, dicano che il 72 % dei treni ad alta velocità è arrivato in ritardo, che il Frecciargento Bari - Roma non è mai arrivato in orario e che il Frecciarossa Reggio Calabria - Milano ha avuto un ritardo medio di 46 minuti, con picchi di 468 minuti". Lo ha dichiarato Matteo Richetti, capogruppo di Azione alla Camera, rispondendo all’informativa del ministro Salvini sul trasporto ferroviario.
"I rimborsi complessivi dovuti a Trenitalia per ritardi dei treni sono superiori a 100 milioni di euro l'anno: circa 8 milioni e mezzo di euro al mese. Davanti a questa situazione emergenziale, ancora una volta il Ministro evita di discutere in aula la sua strategia dei trasporti. Avremmo voluto sapere dal Ministro se conferma la scelta di aumentare l’offerta dell’alta velocità, atteso il fatto che questo aumento contrae la possibilità di manutenzione ordinaria e quindi la prevenzione dei guasti".
"Soprattutto perché, se su quella stessa rete si pensa di mettere un terzo operatore, l'usura sarà ulteriormente esasperata. È su questo che avevamo chiesto un'informativa del Ministro: sui ritardi, sui guasti, sui disagi, sulle strategie per le politiche del trasporto pubblico in Italia, non sugli esposti sacrosanti. Ancora un’occasione perduta”.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Giorgia Meloni voleva inseguire i trafficanti di esseri umani in tutto il globo terracqueo, ne era stato arrestato uno libico in Italia e invece di dare seguito alle richieste della Corte penale internazionale che lo accusa di crimini di guerra e contro la dignità umana, lo hanno rimandato impunito in Libia. Il governo chiarisca immediatamente perché Almasri è stato scarcerato e lasciato andare". Così la segretaria del Pd Elly Schlein