Emmanuel Lévinas, il filosofo del volto umano, sosteneva che nel semplice incontro con l’altro si gioca l’essenziale, l’assoluto, proprio attraverso l’epifania del volto umano. E questo volto possiamo accoglierlo o rifiutarlo, ma se lo rifiutiamo, rifiutiamo il mondo stesso e in definitiva rifiutiamo noi stessi.

Che cos’è un artista? Secondo Dario Ballantini l’artista è un uomo che emoziona e si emoziona e la sorgente di questa emozione è proprio una relazione, la relazione dell’uomo con l’altro, con la propria presenza-assenza al mondo, un conflitto lucente di forza e angoscia, immerso nel flusso del tempo che trasforma ogni cosa. L’artista cerca di afferrare l’inafferrabile e vive e si esprime nel labirinto di questo paradosso.

Nei quadri di Ballantini si avverte questa lotta con l’assoluto: la fragilità diventa forza, il colore lotta con l’invisibile, le pennellate sono gesti di disperato e gioioso amore. Il gioco, nel significato più puro di questa parola, è il tentativo di confinare all’interno di una cornice la vita, ma come si fa a incorniciare la vita? La vita per definizione è ciò che sfugge e ci sfugge continuamente. Ogni quadro in fondo è una sublime sconfitta, ma il valore di questa sconfitta è appunto la lotta dell’uomo contro questo vortice di polvere nel quale ci dibattiamo, per lasciare una traccia, un segno del nostro passaggio, che sia un quadro, un libro, un figlio o semplicemente un gesto di vita e d’amore.

L’incontro con Ballantini è stato l’incontro con un artista vero, sincero, dallo sguardo fertile, dalle mani febbrili, un artista sempre alla ricerca del proprio volto attraverso il volto degli altri. Mi ha colpito una sua frase che ho sentito durante un’intervista a Radio Deejay: “Mi riposo nella vita degli altri”. Tutti lo conosciamo come imitatore di Valentino, Nanni Moretti, Roberto Maroni, Giuseppe Conte, Vasco Rossi, Lucio Dalla e molti altri, e in questo lavoro, dove eccelle per bravura e mimetismo, si avverte la stessa esigenza che esprime nel suo
lavoro di pittore: l’intima necessità di incontrare il volto umano, di trovare un orizzonte di senso in questo paesaggio mutevole che è il volto umano, andare a stanare il volto che si cela dietro la maschera che tutti indossiamo.

C’è il trucco ma non c’è l’inganno, quello che un artista cerca è sempre una sorgente di verità, anche se la verità ama nascondersi, è mutevole perché noi stessi mutiamo, e ci aspetta con calma impassibile nel regno delle Idee, intangibile e pura. Quello che colpisce di Ballantini uomo è la sua apertura e la sua curiosità: non mette filtri, si ha una percezione tattile dell’incontro, senti che ti stai avvicinando a una persona che si lascia avvicinare, senza diffidenze, senza strategie.

C’è una trasparenza nel contatto, una purezza di scambio, questo volto che per lavoro si maschera sempre nella vita di tutti i giorni si concede nella sua nudità più disarmante, senza paure, con il coraggio gentile della semplicità. Se non avessi paura di sembrare banale direi che Dario Ballantini è una bella persona, e dato che anche io non voglio avere paura lo dico: Dario Ballantini è una bella persona. E un artista.

 

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