Due settimane fa ho depositato un disegno di legge che mira a potenziare la legge 185/90. Si è trattato di un lavoro collettivo da me fortemente voluto e sostenuto dal sottosegretario Manlio di Stefano. Ieri, il ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha dichiarato che appoggia pienamente il ddl.

Lo stimolo a lavorarci è nato dalle parole pronunciate da Luigi Di Maio nel settembre 2018, quindi prima che si accendessero i riflettori sulla guerra in Yemen per via del brutale assassinio del giornalista Jamal Khashoggi. Luigi affermò: “Non vogliamo continuare a esportare armi verso Paesi in guerra o verso Paesi che è risaputo che le vendono a chi è in guerra”. Sono persuaso che anche in questo delicato e complesso ambito realizzeremo il cambiamento. Non mi riferisco solo alla difesa, ma anche alle relazioni internazionali. Questo governo l’ha dimostrato anche con la crisi venezuelana: il nostro Paese, come sempre è accaduto, non si è subito accodato ai soliti diktat ma ha brillato di luce propria, rimarcando l’importanza del dialogo come auspicato dall’Onu e da papa Francesco.

Nel 2016, durante il governo Renzi, raddoppiarono le esportazioni italiane di armamenti, in particolare verso l’Arabia Saudita. Nel solo 2016 almeno 21.822 bombe made in Italy sono state consegnate all’esercito saudita. Nel novembre scorso, con il presidente Vito Petrocelli, abbiamo tenuto una conferenza stampa a cui parteciparono diverse associazioni tra cui Save the Children che, in quell’occasione, ci ha ricordato che la guerra in Yemen capeggiata dall’Arabia Saudita ha causato la morte di 85mila bambini. Un dato impressionante. Sconvolgente. Noi non abbiamo più intenzione di avere le mani sporche di sangue. Non vogliamo essere più complici di questi orrori.

Il disegno di legge di modifica della 185 è stato necessario perché in 30 anni questa legge è stata più volte violata. La 185 fu il frutto di una grande mobilitazione popolare ed è stato un faro nel panorama internazionale. Come è noto, in estrema sintesi, essa prevede il divieto di vendita d’armi a Paesi che violano i diritti umani o che si trovano in stato di conflitto armato. Il ddl che ho depositato prevede più divieti, più controlli, più poteri al Parlamento e riconversione industriale. Sono inseriti criteri quantitativi per armi leggere, una clausola che vieta comunque i trasferimenti anche ad alleati, se in stato di guerra o se violano i diritti umani. Si estende anche ad altri organismi l’accertamento di violazione di diritti umani. Si introduce nella legge l’impegno italiano contro il traffico illecito di armi e la loro illecita triangolazione. Si potenzia l’istituto della sospensione a opera del ministero degli Affari esteri (Maeci), l’introduzione da parte del presidente del Consiglio di un nucleo ispettivo interforze.

È prevista inoltre una relazione previsionale redatta dal presidente del Consiglio da presentare al Parlamento. Tale relazione include anche una lista di Paesi verso cui le esportazioni sono vietate, lo stato di avanzamento della riconversione industriale e la lotta al traffico illegale di armi. Si reintroduce il Cisd (Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa), in modo tale che le autorizzazioni non dipendano solo da funzionari amministrativi del Maeci, ma anche dalla politica, quindi tenendo conto di più ampie considerazioni geopolitiche, economiche e sociali. Inoltre, prevediamo una parziale e progressiva riconversione industriale e l’uso duale delle tecnologie della difesa salvaguardando i posti di lavoro.

Purtroppo, ogni qualvolta si è tentata di modificare la 185/90, l’obiettivo è stato quello di depauperarla. Il nostro è antitetico: vogliamo rafforzarla, farle un tagliando. È innegabile che questa legge, allorquando non si è avuta una volontà politica, è stata violata. Tuttavia, l’invito che sento di rivolgere a tutti è di instaurare un dibattito costruttivo, partecipato e non ideologico, magari celante l’ennesimo intento di attaccare il M5S. La 185, come tutte le leggi – ma anche i pensieri e le azioni illuminati – sono un bene comune. Non appartengono a qualche privilegiato custode del dogma che si arroga l’autorità di dichiarare che un cambiamento debba ricevere un timbro che solo lui è in grado di dare.

Fermo restando il diritto costituzionale alla difesa, io credo sia giunto il tempo di intraprendere il lungo percorso di una riconversione industriale da uso bellico a uso civile. A livello globale, secondo il Sipri di Stoccolma, tutti i Paesi del mondo investono circa 1800 miliardi di dollari all’anno in armamenti: pensate, ne basterebbero 50 per porre fine alla fame nel mondo e la fame nel mondo causa annualmente almeno 30 milioni di vittime, più tutte le conseguenze, compresi i fenomeni migratori di cui in maniera parossistica si parla in questo periodo. Come possiamo pensare di fermare i migranti se continuiamo a vendere armi a certi Paesi? Evidentemente in questo sistema qualcosa non va. Con questo ddl noi vogliamo, come Italia, fare un passo importante verso il cambiamento.

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