“Tanto rumore per nulla”: lo scriveva Shakespeare e non pensava certo al Napoli, alla Juventus o all’espulsione di Meret o all’arbitro Rocchi. Eppure più o meno di questo si tratta: polemiche a non finire, mezza corrida in campo, ululati sugli spalti, titoloni sui giornali, interviste, lamentele e sfottò chissà per quanto tempo. Tutto per una partita che, diciamolo, non contava nulla.
A torto o ragione (più a torto che a ragione, in realtà), la gara è stata condizionata da una decisione arbitrale molto controversa: rosso diretto al portiere azzurro dopo appena 20 minuti per un fallo da ultimo uomo su Cristiano Ronaldo. La dinamica è complessa, l’entrata in ritardo e pericolosa, il contatto inesistente: in presa diretta sembrava espulsione netta, al replay meno (visto che Meret non tocca neanche Ronaldo) e quasi sicuramente l’arbitro avrebbe cambiato la propria decisione al Var, se solo ci fosse andato. Il resto è relativo: il match è stato anche vibrante e divertente, ma comunque viziato a monte da quell’espulsione e dai 25 minuti successivi, in cui la Juventus ha giocato in superiorità numerica (fino all’uscita di Pjanic) e ha segnato due gol. Parlare dell’orgoglio del Napoli e del cinismo dei bianconeri, o piuttosto dei soliti limiti azzurri e dell’involuzione che da un mese a questa parte sembra aver attanagliato la squadra di Allegri, non avrebbe molto senso.
Non ha senso però neppure montare un caso di Stato su un episodio che certo non ha cambiato e non cambierà questo campionato. Napoli-Juventus doveva essere la sfida scudetto della Serie A. Semplicemente non lo era: oggi in realtà il Napoli è più vicino al Torino ottavo in classifica che alla Juventus. E questo non per colpa dell’arbitro. Le due squadre viaggiano proprio su universi paralleli, dimensioni differenti: per il Napoli la sfida è come sempre la partita dell’anno, i 90 minuti in cui rifarsi di un’altra stagione da comprimaria di bella presenza; per la Juventus, solo un match come tanti. Anzi, a dirla tutta quasi un fastidio sulla strada complicata della Champions: Allegri dosa le energie, lascia in panchina Dybala, gioca a rimpiattino, col solo obiettivo di non stancarsi troppo, ottenere il minimo risultato col minimo sforzo (che poi è la cosa che gli riesce meglio).
Quando è iniziata la partita Napoli e Juve erano separate di 13 punti. Tanti, troppi perché lo scontro diretto non fosse solo questione d’orgoglio. Che poi è anche il primo a sanguinare, e l’ultimo a rimarginarsi. Non aver potuto giocarsela ancora una volta ad armi pari fa rabbia. È comprensibile. Più che per l’espulsione di Meret, o le altre mille, piccole decisioni sempre a senso unico che ormai col Var non sono più giustificabili, però, il Napoli dovrebbe prendersela soprattutto per gli 0-0 in casa con Chievo e Torino (che fanno il paio con quello contro la Stella Rossa in Champions League).
Per i big match sistematicamente sbagliati: quest’anno solo una vittoria con le prime cinque della classe, ad agosto col Milan, poi pareggio al ritorno con i rossoneri, 1-1 con la Roma, sconfitta a San Siro con l’Inter e doppio cappotto con la Juve, appunto. Per i 13 punti in meno in classifica rispetto allo scorso anno, quando questa squadra era testa a testa con i bianconeri e non staccata anni luce. In un mondo giusto, nel calcio dei sogni, Napoli-Juve non sarebbe stata diretta da Rocchi ma da un arbitro più sereno. Meret non sarebbe stato espulso per non aver nemmeno sfiorato Cristiano Ronaldo. Il Napoli avrebbe vinto meritatamente al termine di una grande prestazione. E sarebbe “volato” a meno dieci in classifica. Sai che bel campionato allora.
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