“Ha vinto Zingaretti contro Giachetti e Martina o Zingaretti contro Renzi? No, ha vinto Zingaretti con Renzi. Non è cambiato assolutamente nulla nell’organigramma del partito, né cambierà nulla nella linea politica. Gli schieramenti interni, le correnti, rimangono a prescindere dal segretario”. Sono le parole pronunciate ai microfoni de “L’Italia s’è desta” (Radio Cusano Campus) da Dario Corallo, il giovane esponente del Pd, candidato nella prima fase delle primarie dem.
E spiega: “Il Pd non consiste soltanto in questi pezzetti di gruppi dirigenti. C’è tutto un sottobosco di dirigenti minori sui territori che sono la vera ossatura del partito, quelli che hanno i voti, e che sostengono indifferentemente qualsiasi candidato che possa garantire loro una rielezione, perché questa è l’unica cosa che gli interessa. I tre candidati alle primarie, peraltro, sono tutti contro le correnti, salvo poi averne una. Zingaretti” – continua – “è espressione dello stesso gruppo di potere che ha condotto il partito fino a oggi. Basti pensare alla vicepresidente della Regione Emilia Romagna (Elisabetta Gualmini, ndr), che era renziana di ferro e oggi è diventata zingarettiana di ferro. Di esempi di gente convertita sulla via di Damasco se ne possono fare tanti. Poi ogni volta c’è una retorica trionfalistica che non è giustificata da nulla”.
Corallo osserva: “Il dibattito sulle primarie Pd si è molto concentrato in maniera assolutamente idiota su un’alleanza o meno col M5s. Quando si parla di alleanza col M5s, la domanda che bisogna fare è: ma quando? Non ci sono all’orizzonte elezioni nelle quali ci si debba alleare con qualcuno. In realtà, si stava parlando di quello per nascondere il fatto che le mozioni erano sostanzialmente identiche. Quindi, si parlava di alleanza coi 5 Stelle perché era l’unica cosa che divideva. Avevano bisogno di differenziarsi su qualcosa”.
E aggiunge: “Io ho fatto un esperimento: ho preso le mozioni dei tre candidati, ho tolto i nomi e le ho lette ad alcune persone. Nessuno è stato in grado di dirmi quale mozione stessi leggendo, perché erano tutte sostanzialmente identiche. In una mozione, addirittura, ho letto un passaggio che mi ha molto colpito: si diceva che bisognava tagliare la spesa pubblica e investire nel privato. Uno poteva pensare che quella mozione fosse di Giachetti. E invece era di Zingaretti“.
L’esponente del Pd sottolinea: “Io non ho alcuna intenzione di uscire dal partito. Questo gruppo dirigente non mi rappresenta, quindi ho votato scheda bianca. Faccio il militante di base, avrò pure il diritto di andare a parlare con altri militanti di base. Non credo ci siano stati spazi di discussione e non credo che questo congresso sia avvenuto in maniera del tutto regolare. C’erano addirittura blocchi di mille voti che non tornavano, da una parte e dell’altra. Il punto è che qua ci si continua a raccontare delle bugie facendo finta di crederci”.
E chiosa: “Sono stato il primo che forse era il caso di dialogare coi 5 Stelle. Se sono nati, è perché qualcosa è avvenuto. Il giorno dopo le elezioni regionali in Sardegna e in Abruzzo, con la contrazione dei voti al M5s, ho visto i dirigenti di vari partiti tirare un sospiro di sollievo, come se le regionali fossero uguali alle elezioni politiche. Questa sensazione di sollievo dei vertici politici denotava il non aver capito cosa è successo nella società italiana. E se non hai capito quello che è avvenuto nel Paese, come insegnavano un tempo nelle sezioni e come sa lo stesso Zingaretti, sbagli tutto. Il problema del Pd è sta esclusivamente sui social e non sui territori. I social, specie in Italia, sono sopravvalutati, perché politicamente possono servire a radicare un consenso, ma non ad aumentarlo”.