La mafia storica di Trapani era tornata a essere un’oligarchia: estorsioni, minacce ma soprattutto tanta campagna elettorale, con la massoneria sullo sfondo. I fratelli Francesco e Pietro Virga, figli di Vincenzo arrestato da latitante nel 2001, tessevano le fila nell’intero territorio, in perfetta sintonia con le famiglie di Marsala, Paceco e anche Favignana, l’isola nella quale stavano stabilendo il loro quartier generale. La base operativa invece era a Trapani, nel quartiere Sant’Alberto. Per stanarli ci sono voluti circa 180 agenti, suddivisi in venticinque “team” differenti. In totale sono 33 le persone indagate, di cui 25 arrestate.
Al centro dei loro interessi era finita la politica regionale a partire da Paolo Ruggirello, ex deputato all’Ars originario della frazione di Guarrato (Trapani) e oggi arrestato con l’accusa di 416 bis. Secondo il gip “strumentalizzando il proprio ruolo istituzionale, ha di fatto contribuito al raggiungimento di uno degli scopi dell’associazione mafiosa”. “Io dalla parte di Erice vedi che i voti ce li ho”, diceva Pietro Cusenza a Pietro Virga. Ma gli investigatori hanno riannodato i fili che legano l’intera provincia al nome di Ruggirello. Come Lillo Giambalvo, consigliere comunale di Castelvetrano prima arrestato nell’operazione Eden, poi scarcerato e assolto dall’accusa di mafia ma adesso sotto processo per estorsione. Ruggirello ne fu lo sponsor politico. Giambalvo non era un consigliere qualsiasi: fu intercettato, infatti, mentre esprimeva la sua ammirazione per Matteo Messina Denaro e poi le sue mancate dimissioni portarono allo scioglimento del comune di Castelvetrano.
Per alcuni mafiosi di Trapani Paolo Ruggirello era “il fratello di Bice”. Ed effettivamente la sorella era nota nell’ambiente, anche per essere stata candidata nel 2013 alle elezioni politiche con Mir (Movimento Italiani in Rivoluzione). “Chiama a Bice e ci scendiamo e ci facciamo dare mille euro”, consigliava Francesco Martino, politico castelvetranese, a Lillo Giambalvo. I due “rivelavano di essere in grado di mettere a disposizione di Ruggirello i loro rispettivi “pacchetti di voti” fino ad arrivare a Castelvetrano a un totale di circa 400 preferenze”.
Sullo sfondo c’è la massoneria. “Se i voti della massoneria vanno ad un sindaco candidato, il sindaco candidato viene eletto”, diceva Giambalvo, commentando l’elezione di Felice Errante, poi primo cittadino di Castelvetrano. Tra gli arrestati è finito anche Ninni D’Aguanno, in passato tra i massimi esponenti del tempio trapanese della Loggia Regolare d’Italia. L’uomo è finito in manette per aver aiutato la moglie, Ivana Inferrera (ex assessore comunale a Trapani) a raccogliere voti per le elezioni regionali del 2017. Ruggirello inoltre nel 2006 avrebbe incassato il sostegno di Michele Accomando, originario di Mazara del Vallo e già condannato per mafia e coinvolto nell’inchiesta Hiram su mafia e massoneria.
Gli eredi del mandamento mafioso di Trapani temevano di essere intercettati e adottavano numerosi escamotage per sfuggire ai controlli dei carabinieri. Tanto che nell’ordinanza redatta dai pm c’è traccia di incontri “avvenuti senza alcun preavviso telefonico che per problemi tecnici non venivano intercettati”. Gli investigatori riconoscono “l’esistenza di un canale di comunicazione riservato”. I Virga cambiavano spesso telefono. E lo stesso faceva anche Francesco Orlando, luogotenente dei due, già condannato per mafia e adesso gestore dell’”Efri Bar”, nel quale incontrava gli affiliati alla mafia trapanese. Come i Virga, è un uomo d’onore riservato: non tutti sapevano della sua affiliazione. Anche lui cambiava spesso smartphone e proprio mentre i carabinieri lo stavano seguendo buttò quello vecchio per comprare un Iphone 6s.