In un mondo che celebra i vincitori quanto i troppo spesso millantatori di vittoria, per una volta diamo uno sguardo, più sobrio e obiettivo possibile, a tre titoli attesissimi ma controversi per i risultati al box office, pur portando sul grande schermo dosi massicce di spettacolarità e tecnologia. Iniziamo con Ready Player One.
Il film che Steven Spielberg ha girato contemporaneamente a The Post era candidato all’Oscar per i Migliori effetti speciali, superato giusto dal vittorioso First Man di Damien Chazelle. Un destino più amaro del suo predecessore che lo scorso anno, nonostante la presenza di Meryl Streep e Tom Hanks, si era visto ridimensionare le candidature dalle sei dei Golden Globe alle due, entrambe sconfitte, nella notte delle stelle. Uscito dal visionario libro omonimo di Ernest Cline, Ready Player One omaggia in un sol colpo le generazioni cresciute negli anni 80 insieme al corrispondente immaginario collettivo, fatto di eroi cinematografici, fumetti e giocattoli che hanno impazzato per un decennio riecheggiando fino ad oggi in varie forme grazie all’opera di certosino consumo di milioni di fan e nerd.
“Surreale che abbia deciso di produrlo”, afferma Cline sulla scelta di Spielberg da uno dei contenuti extra dell’edizione Blu-Ray. “E se Willy Wonka fosse stato un designer di videogiochi anziché un produttore di dolci? E se il Biglietto d’Oro fosse stato nella sua creazione più riuscita?” è stato il punto di partenza dello scrittore, che ha inserito nella sua storia i guardaspalle del protagonista capitanati da Olivia Cooke. Tutti ben presenti negli speciali. Non star ma ragazzi, giovani attori travolti dall’avventuroso set come Goonies.
Negli oltre 90 minuti di approfondimenti, la produttrice Kristie Macosko Krieger parla della ricerca di un protagonista insicuro e un po’ strambo, mentre sulla costruzione delle scene, sulla saturazione dell’Oasis (il mondo virtuale del film) e la desaturazione cromatica del mondo reale andato a picco insieme all’ambiente parlano lo scenografo Adam Stockhausen e il direttore della fotografia Janusz Kaminski. Il primo vincitore di un Oscar con Grand Budapest Hotel, mentre due per il secondo con Schindler’s List e Salvate il soldato Ryan. L’indagine attraverso il backstage prosegue con i costumi del 2045 di Kasia Walicka Maimone e la ricerca minuziosa sui look odierni per immaginare il futuro e su quelli degli anni 80 per crearne il passato, incrociandone gli stili nel mondo virtuale. Non manca il consueto brindisi di Spielberg con discorso alla troupe nel primo giorno di set, né i numerosi Easter egg in questo sfarzoso e godibile giocattolone home video ambientato al 60% nell’Oasis e al 40% nel mondo “reale”. Una chicca nerd su tutte? Il numero identificativo della guardia villain col volto di Ben Mendelson è 655321, lo stesso dell’Alex detenuto in Arancia Meccanica.
Si completa il tutto con interviste al protagonista Tye Sheridan insieme all’autore, ciak tra finte basi futuristiche e la sala d’incisione orchestrale del soundtrack composto e diretto da Alan Silvestri. Solo una candidatura ai premi tecnici per questo immeritato flop casalingo (137,9 milioni di dollari d’incassi Usa per 175 milioni di budget), ripresosi però grazie al resto del mercato mondo, che ha portato il box office globale a 582,9 milioni di dollari.