Per il giudice, l’ex deputato era il "destinatario delle preferenze elettorali fatte confluire da esponenti mafiosi nel corso di varie consultazioni elettorali, fornendo un concreto e specifico contributo per garantire gli interessi del sodalizio". Il "patto" sia per le Regionali 2017 che alle Politiche dello scorso anno. Secondo il gip, avrebbe anche partecipato a "riunioni riservate" con persone vicine a Messina Denaro
Una sorta di “braccio politico” attraverso il quale le famiglie mafiose di Trapani raggiungevano “il controllo del voto democratico” e “l’influenza sulla gestione della cosa pubblica”. Il gip di Palermo descrive così Paolo Ruggirello, ex deputato Pd dell’Assemblea regionale siciliana, arrestato insieme ad altre 24 persone tra boss e gregari trapanesi. Perché, ad avviso degli inquirenti, l’esponente dem – una lunga carriera da cambiacasacca alle spalle nelle istituzioni siciliane prima di approdare nel Partito Democratico – avrebbe strumentalizzato il proprio ruolo e così “garantiva piena disponibilità per tutelare gli interessi della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo, anche relativi a futuri finanziamenti pubblici”. Un ruolo che – ad avviso del giudice per le indagini preliminare – sarebbe testimoniato anche dalla partecipazione a “riunioni riservate” con persone ritenute vicine al boss Matteo Messina Denaro. Era, ha detto il procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, “il ponte tra la mafia e le istituzioni, al punto tale da avere offerto somme di denaro per ottenere aiuto per le elezioni 2017″.
LE PRESSIONI POLITICHE – L’ex deputato regionale siciliano, candidato al Senato dal Pd alle politiche del 2018, “garantiva – scrive il gip – piena disponibilità per tutelare gli interessi della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo, anche relativi a futuri finanziamenti pubblici, attraverso accordi raggiunti con Michele Accomando, appartenente alla famiglia” e “prometteva di interessarsi per far assumere a tempo indeterminato, presso l’Azienda ospedaliera Sant’Antonio Abate di Trapani, Margherita Buracci, figlia di Giovanni Buracci, appartenente alla famiglia mafiosa di Campobello di Mazara”. Non solo, sempre secondo il gip, Ruggirello “esercitava pressioni politiche per far sì che Calogero Giambalvo, nipote dell’associato mafioso Vincenzo La Cascia, subentrasse come consigliere comunale a Castelvetrano, quale primo dei non eletti, e prometteva allo stesso Giambalvo opportunità di lavoro all’interno del Parco archeologico di Selinunte”. E avrebbe anche accettato “quale referente provinciale del movimento politico Articolo 4, l’inserimento nella lista del movimento di una candidata, Daria Razziano, indicata espressamente da Filippo Sammartano, esponente della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara”.
“SOSTEGNO NEL 2017 E IL 4 MARZO 2018” – Per il giudice, l’ex deputato era il “destinatario delle preferenze elettorali fatte confluire da esponenti di detta associazione nel corso di varie consultazioni elettorali, fornendo un concreto e specifico contributo per garantire gli interessi del sodalizio mafioso, a cui metteva a disposizione – per il tramite di singoli affiliati, con i quali intratteneva rapporti continuativi ed ai quali si rivolgeva anche per questioni personali – l’influenza e il potere derivanti anche dalla sua posizione” di deputato regionale. Per gli inquirenti, Ruggirello avrebbe avuto il sostegno dei boss di Trapani, nelle più recenti competizioni elettorali, ossia quelle per il rinnovo della Assemblea regionale siciliana del 2017 e quella per la Camera e il Senato del 2018. Secondo la Dda di Palermo, sono provate le richieste di aiuto elettorale a mafiosi del calibro di Salvatore Crimi e dei Virga di Trapani a cui avrebbe dato denaro per il sostegno.
VOTI, SOLDI E POSTI DI LAVORO – Come scrive il gip nella misura cautelare, Ruggirello “corrispondeva denaro a Francesco Virga e Pietro Virga“, figli di Vincenzo Virga, boss di Trapani che è in carcere dal 2001, quando fu arrestato da latitante, “promettendo il versamento di un’ulteriore somma, per acquistare voti durante la campagna elettorale per le regionali siciliane del 2017”. La “particolarità” che emergerebbe secondo gli inquirenti è che “contrariamente a fatti simili già processualmente accertati” – scrive il gip – in questo caso “sono proprio i rappresentanti locali della politica che si offrono ai mafiosi, proponendosi come loro punti di riferimento, arrivando, in alcuni casi, addirittura ad affidare loro la gestione, seppur parziale, della propria campagna elettorale”. Secondo gli inquirenti, Ruggirello avrebbe anche partecipato a “riunioni riservate” anche con persone ritenute vicine al boss Matteo Messina Denaro.
LE INTERCETTAZIONI – A supporto della tesi dell’Antimafia palermitana, ci sarebbero le intercettazioni del boss Pietro Virga: “Mi sto giocando tutte le carte per questi politici, vedi che mi devi dare una mano ah! Una mano buona!…… Dobbiamo raccogliere voti… tu… lo sai che se le cose vanno bene a me… vanno bene a tutti, mi pare che è stato sempre così qua…”, diceva al telefono l’uomo forte di Cosa nostra nel Trapanese. “Deve salire a dritta il marito è uno che ha amicizie forti là a Roma. E se noi arriviamo a questa a portarla là, qualche cosa possiamo concludere è giusto?”, diceva Virga riferendosi a un’altra candidata, Ivana Inferrera, dell’Udc anche lei arrestata. “A tutti questi già quando gli da 50 euro, 20 euro per fare la spesa…”, spiegava. Le elezioni finite sotto inchiesta sono le Comunali di Trapani ed Erice del 2016 dove la mafia avrebbe sostenuto Vito Mammina e la figlia Simona, e le regionali e politiche. Alle regionali Cosa nostra trapanese si sarebbe spesa, in cambio di soldi, per la Inferrera e per Ruggirello, candidato nella lista del Pd per Micari, mentre per le politiche il solo candidato era Ruggirello.