La Lombardia, terza per reddito di cittadinanza, è considerata un modello per il suo programma di politiche attive che negli ultimi tre anni ha permesso 100mila ricollocamenti grazie a fondi europei. Ma a quale prezzo? Il sistema della dote "in concessione" scarica sugli operatori anticipi e costi, docenti e formatori non vengono pagati per mesi. La Regione: "impegnati a colmare l’arretrato". Rischio caos tra Naspi e reddito: "Le banche dati non parlano"
Il reddito di cittadinanza è ai nastri di partenza. Mercoledì 6 marzo si accendono i motori. Non tutte le criticità sono risolte, aumentano semmai quelle segnalate sull’impatto tra lo strumento di politica attiva nazionale e quelli locali. Il caso più emblematico arriva dalla Lombardia. Stando alle previsioni, la regione più ricca d’Italia dovrebbe essere terza per sussidi. Il suo strumento principe nel settore del collocamento è la “dote unica lavoro”, un programma di finanziamento regionale per la formazione e i servizi al lavoro a valere su fondi europei avviato nel 2013 che ha dato risultati importanti: solo nell’ultimo triennio (2016-2018), grazie a 172mila “assegni” ha permesso di riqualificare 44.538 lavoratori e di avviarne al lavoro 109mila, quasi la metà con contratti superiori a sei mesi. Merito di una peculiare forma di paternariato pubblico-privato, dove soggetti imprenditoriali ricevono “in concessione” il finanziamento (dote) destinato ai servizi. C’è però il rovescio della medaglia che nessuno si aspetta: un arretrato dei pagamenti a favore degli operatori accreditati per 40 milioni di euro. La cifra in ballo è importante, e impone un chiarimento.
“Centoduemilioni di euro“. L’imprenditore legge la cifra e quasi sbianca: “Ma come, Regione Lombardia mi deve 120mila euro dell’anno scorso e, come nulla fosse, finanzia i progetti del 2019? Io che cosa dico ai docenti che attendono pagamenti di marzo o giugno che non sono mai arrivati? I soldi però viaggiano, eccome: dove sono finiti i miei?”. Non è il solo imprenditore a lamentare pesanti ritardi nelle liquidazioni nel settore delle politiche attive per il lavoro della regione più ricca d’Italia, celebrata come modello a livello nazionale. “Il sistema stesso poggia sugli anticipi degli enti e sul ritardo nei corrispettivi: se ci pagassero nei termini, cadrebbe tutto”, arriva un creditore non liquidato da 10 mesi: “La Regione Lombardia paga a 30 giorni non è solo uno slogan, è una fake news”. Dove sta la verità?
Ritardi e controlli
La domanda di politiche attive e le maggiori risorse (a valere su fondi europei) messe a disposizione da Regione Lombardia hanno generato un significativo aumento degli operatori e delle pratiche da gestire. Gli operatori privati accreditati sono passati, solo nel settore lavoro, da 182 a 236 (+29%) così come le doti, passate da 82mila a 172mila. Le relative pratiche da gestire nel periodo 2013-2018 sono state 254mila, con un incremento del 109% nell’ultimo triennio rispetto alla prima fase di attuazione. Ed ecco dove emerge il peso di questi numeri in chiave negativa: le liquidazioni. Ad oggi, la regione più ricca d’Italia è esposta verso gli enti che ha coinvolto nelle sue politiche per 40 milioni di euro. Si tratta del residuo della seconda fase del programma chiusa il 31 gennaio scorso, che ha visto liquidati finora 110 milioni su 150. I quaranta bloccati da mesi, con non pochi problemi per gli imprenditori che aderiscono al programma, sono così ripartiti: 10,7 sono in corso di lavorazione a seguito di istruttoria, 4 sono sospesi per effetto di controlli “anti-gaming” in corso, 1,2 sono “non pagabili” per irregolarità. Restano poi 24,1 milioni di richieste di liquidazione ancora da prendere in carico: 11,7 presentate da agosto a ottobre 2018 e 12,4 da novembre 2018 a gennaio 2019.
Arretrati e futuri navigators
A fornire questi numeri è direttamente la Regione per tramite di Gianni Bocchieri, da cinque anni a capo della direzione regionale competente su istruzione, formazione e lavoro. “Li considero dei buoni dati, soprattutto se confrontati con il 16% del livello medio di pagamenti a valere su Fondo Sociale Europeo in Italia”, premette – “ma siamo costantemente impegnati a colmare l’arretrato anche grazie ad una procedura di mobilità che ci porterà a rafforzare gli uffici con 16 unità prima ancora che il governo ci consenta di assumere altre persone”. Il riferimento non è ai famosi “navigator”. “Mi riferisco alle 1600 assunzioni a tempo determinato, già previste dall’Accordo Stato Regioni del 21 dicembre 2017 ed alle 4000 assunzioni a tempo indeterminato previste dalla legge di bilancio per il 2019. Per noi, a quanto ne sappiamo al momento, i “navigators” rischiano di essere più un problema che un’opportunità: 600 cococo precari, anche senza esperienze specifiche, scelti con le crocette, che non possono essere sottoposte al nostro compito di direzione e controllo, non sono la soluzione per i problemi dei centri per l’impiego, che hanno bisogno di persone formate e specializzate proprio per assolvere i nuovi compiti previsti dalla gestione del reddito di cittadinanza”.
Il “regime concessorio”
Sul debito della Regione il direttore precisa due aspetti. “La prima cosa da chiarire è che il modello lombardo è peculiare rispetto ad altri: il sistema “dotale” è un sistema a voucher ed a sportello, con cui si finanzia la persona che ha bisogno di formazione e di ricollocazione. In altre parole, finanziamo la domanda e non l’offerta degli enti accreditati che, se scelti, hanno il vantaggio di poter attivare subito contributi e programmi, senza dover attendere i tempi lunghi di un bando e di una graduatoria. Come abbiamo più volte chiarito, con loro instauriamo un rapporto di natura “concessoria” e non contrattuale: siamo dunque al di fuori del codice dei contratti pubblici che vale per il pagamento di “corrispettivi” per l’erogazione di servizi, fuori anche dai termini del pagamento a 30 giorni di una PA. Il contraltare negativo del regime concessorio è l’incertezza dei tempi di emissione della liquidazione, che dipendono obbligatoriamente anche dal rigore dei controlli indispensabili per evitare il rischio di pratiche elusive”.
Pratiche elusive e controlli
I controlli di Regione Lombardia prevedono la verifica documentale del 100% delle pratiche, a cui si aggiungono verifiche in loco in una percentuale che varia tra il 5 e il 10%. “Ci sono poi i controlli e gli audit della Commissione Europea che negli ultimi cinque anni ha svolto 4 verifiche sui fondi Fse, due negli ultimi due anni proprio con un focus specifico sulla Dote unica. Anche a seguito degli esiti di tali verifiche, il sistema di controlli della Dote unica lavoro è stato progressivamente rafforzato con l’introduzione di nuovi controlli, tra cui proprio i controlli “antigaming” per evitare la pratica elusiva per cui gli operatori accreditati potrebbero scremare i lavoratori, scegliendo solo quelli facilmente collocabili sui quali far attivare la dote, così da massimizzare l’ammontare di contributi regionali riconosciuti”. Su questo l’Europa ha acceso un faro due anni fa, e la Regione ha intensificato i controlli.
Imprenditori impreparati?
“Forse, esiste anche un problema di cultura manageriale degli imprenditori del settore. Noi mettiamo a disposizione degli enti accreditati un budget massimo per programmi di orientamento e inserimento al lavoro, al fine di favorirne la programmazione economica ed operativa. Ma un imprenditore non può prendere più del lavoro che è in grado di portare avanti, né può subordinare il pagamento del suo personale, all’incasso del corrispettivo finanziamento regionale. Se lo fa, evidentemente non ha capito come funziona il modello. In Lombardia abbiamo deciso di chiedere ai privati di fare qualcosa di burocratico come fa il pubblico e al pubblico di continuare a fare politiche attive. Solo così siamo riusciti ad assicurare ai privati (e ai cittadini) un sistema di politiche con una continuità operativa, seppur con le difficoltà finanziarie che sono il motivo per cui ci stiamo conoscendo”.
Reddito e Naspi, le banche dati non si parlano
E il reddito di cittadinanza? “In Regione Lombardia abbiamo sperimentato un “reddito di autonomia” di 300 euro al mese che viene erogato a titolo di indennità di frequenza per chi fa formazione. Nel momento in cui arriva una misura nazionale, vista la scarsità di risorse, scatta la complementarietà di quelle regionali: la scelta fatta dal governo di affiancare al RC quale misura passiva anche l’assegno di ricollocazione quale politica attiva ha una sua logica ma di fatto sta facendo convergere tutto lo sforzo finanziario sulla platea dei cosiddetti “poveri”, ma quelli che invece hanno un Isee che supera i 9360 euro l’anno in Naspi in questo momento hanno la Naspi ma non l’assegno di ricollocazione. A questo punto Regione Lombardia destina le sue risorse e in modo complementare, per coprire la platea che il Governo ha lasciato scoperta in termini di politica attiva”.
Quante risorse si sposteranno? A una manciata di giorni dall’apertura delle domande per il reddito (il 6 marzo) è impossibile quantificarle. “L’incrocio delle due platee non si può fare, non si può neppure mettere in linea la platea Naspi con quella di coloro che attivano la politica regionale, se non a consuntivo. La base dati dei “naspizzati”, ce l’ha l’Inps, non abbiamo un accesso online diretto e questo costituisce un problema. Stiamo lavorando per fare in modo che il sistema sia sempre aperto ed integrato nel massimo grado possibile. Il nostro obiettivo è quello di portare al lavoro la più ampia platea di percettori di Reddito di cittadinanza”.