“Ho trascorso questa mia vita ad inventarmi storie e personaggi. L’invenzione più felice è stata quella di un commissario conosciuto ormai nel mondo intero. Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità e solo venendo qui posso intuirla, solo su queste pietre eterne“. Andrea Camilleri chiude così lo spettacolo Conversazione su Tiresia, andato in onda ieri sera su RaiUno. Anzi, aggiunge qualcosa di più. Commosso, dice al pubblico di avere un desiderio: quello di ritrovarsi ancora al Teatro Greco di Siracusa tra 100 anni. L’applauso sembra non finire più. E, seduti in poltrona, appagati, non ci si stanca di sentire lo scroscio di mani che battono.
La narrazione della figura di Tiresia attraverso le parole di Camilleri è un viaggio che porta lo spettatore ad incontrare i tanti che dell’indovino greco hanno parlato, scritto, raccontato: Omero, Sofocle, Seneca, Dante, T.S. Eliot, Apollinaire, Virginia Woolf, Borges, Pound, Pavese, Woody Allen, Pasolini, Primo Levi. Storie nella storia, le vicende dello scrittore e quelle dell’indovino si intrecciano, non fosse altro che per la cecità che al secondo rende possibile vedere il futuro e al primo fa desiderare di ‘vedere di più’. Ripetere quanto narrato dal grande scrittore siciliano è cosa senza senso e forse inutile presunzione: Conversazione su Tiresia sarà in libreria, edito da Sellerio. Quello che più preme raccontare, è il coraggio che ha reso possibile godersi uno spettacolo del genere.
Il coraggio di Andrea (e mi scuserà se lo chiamo per nome ma tra tutti li libri letti e le interviste viste, ormai mi sembra di essergli vicina), che a 93 anni non ha avuto paura di sedersi in un luogo maestoso e così ricco di Storia da farne sentire il tocco perfino a chi si trovava davanti allo schermo. Un monologo interrotto solo da interventi di voci fuori campo (spesso la sua). Niente pubblicità, nessuno stop. Un flusso di coscienza che ha portato lo spettatore a ricordare cose conosciute ma dimenticate, e a impararne di nuove, preziose. Drammatico, leggero, perfino comico, Camilleri seduto su una poltrona, con un ragazzino accovacciato accanto a lui, come a dire quanto grande sia l’importanza di trasmettere cultura e conoscenza. Una lampada, e niente altro. Bastava il teatro.
Il coraggio della Rai. Di RaiUno, in particolar modo. La rete ammiraglia non ha avuto paura di fare il servizio pubblico nella sua forma più pura. Conversazione su Tiresia ha registrato 2.430.000 telespettatori, share 9,9%. Non sono i numeri di Montalbano e nemmeno lontanamente ci si avvicinano. Era d’altronde prevedibile che una rappresentazione del genere non brillasse all’auditel ma dalle parti di Viale Mazzini (anche per via dell’ottima media di rete) se ne sono fregati. E se contiamo proprio bene, si tratta comunque di due milioni e mezzo di persone che hanno avuto il privilegio e la possibilità di assistere a uno show irripetibile. Adulti che si sono trovati a stupirsi come bambini. Che hanno avuto modo di chiedersi quanto tempo perdiamo ogni giorno in bazzecole e ‘piccinerie’ senza trovare almeno un poco di tempo da dedicare alla bellezza. In molti diranno che Canale5 ha battuto Tiresia con Checco Zalone. Ebbene, la scelta di mandare un film campione di incassi si commenta da sola (Sole a Catinelle ha registrato 3.207.000 telespettatori, share 13,7%). Bene Il Collegio, su RaiDue, docureality che piace a un pubblico di giovanissimi e che è arrivato al 10,4%. Ma non è il momento di parlare di share proprio perché, una volta tanto, siamo di fronte alla grazia di uno spettacolo che andato in onda fregandosene. Due ore di magia. Ascoltare Camilleri è stato come vedere Philippe Petit camminare sospeso tra le due torri Gemelle: un gioco di equilibrio, di attesa, di sorpresa.
Viene da pensare, per un attimo, alla vergogna di quanto andato in onda solo la sera precedente su Canale5, all’Isola dei Famosi. Contenuti imparagonabili, certo. Rete commerciale da un lato, servizio pubblico dall’altro. Ma se solo questi rari esempi di eccellenza televisiva servissero a indicare che una via a metà è possibile e che l’intrattenimento può e deve rimanere leggero senza scivolare nel pozzo nero della vergogna, sarebbe una piccola conquista. Alzare il livello dei contenuti in televisione è una battaglia che può essere vinta instillando in chi abbassa troppo l’asticella un senso di imbarazzo? Forse no. Ma vale la pena pensare che possa essere così.
E soprattutto, vale la pena ringraziare Andrea Camilleri.
Grazie, Andrea. Un attimo di eternità, ieri sera, ce l’hai regalata te.