La sentenza sotto la lente dei pm di piazzale Clodio è quella del Consiglio di Stato che il 3 marzo 2016 annullò l'obbligo per Berlusconi di cedere la quota eccedente il 9,99% detenuto in Banca Mediolanum stabilito da Bankitalia. Indagati anche il giudice Roberto Giovagnoli, l'ex funzionario della presidenza del Consiglio Renato Mazzocchi e l'avvocato Francesco Marascio
Silvio Berlusconi è indagato per corruzione in atti giudiziari nell’ambito dell’indagine della procura di Roma su alcune sentenze pilotate del consiglio di Stato. Il pronunciamento sotto la lente dei pm di piazzale Clodio è quella del Consiglio di Stato che il 3 marzo 2016 annullò l’obbligo per Berlusconi di cedere la quota eccedente il 9,99% detenuto in Banca Mediolanum, come stabilito da Bankitalia.
Nell’indagine dell’aggiunto Paolo Ielo e dei pm Stefano Rocco Fava e Fabrizio Tucci, oltre all’ex premier si contano altri tre indagati. Si tratta di Roberto Giovagnoli, giudice estensore della sentenza datata 3 marzo 2016, l’ex funzionario della Presidenza del Consiglio, Renato Mazzocchi e l’avvocato romano Francesco Marascio.
Quest’ultimo è accusato perché – si legge nel capo di imputazione – “quale intermediario, prometteva denaro a giudici del Consiglio di Stato che deliberavano la sentenza numero 6516/2015 depositata il 3 marzo 2016, avente a oggetto il ricorso proposto da Silvio Berlusconi nei confronti di Banca d’Italia e altri per la riforma della sentenza del Tar concernente la sospensione del diritto di voto e degli altri diritti di influire su Mediolanum Spa nonché l’alienazione delle partecipazioni disposta da Banca d’Italia con provvedimento del 7 ottobre 2014”. A casa di Mazzocchi, invece, nel corso di una perquisizione nell’ambito di un’altra inchiesta risalente al 2016 erano state ritrovate in originali e in bozze diverse sentenze del Consiglio di Stato, tra cui quella con cui era stato accolto il ricorso di Berlusconi.
Della vicenda Mediolanum-Bankitalia aveva parlato “de relato” (cioè riferendo fatti di cui non ha però conoscenza diretta) l’avvocato Piero Amara, ex legale di Eni, riferendo di presunti accordi relativi alla sentenza Mediolanum che aveva cancellato l’obbligo di cessione delle quote della banca a causa della perdita dei requisiti di onorabilità richiesti agli azionisti degli istituti dopo la condanna passata in giudicato per la vicenda dei diritti Mediaset.
La maxi-inchiesta nella quale è indagato l’ex presidente del Consiglio nelle scorse settimane ha portato ad una serie di arresti che hanno riguardato anche magistrati. Ai domiciliari sono finti il giudice Nicola Russo, già coinvolto in altre vicende giudiziarie, l’ex presidente del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia Raffaele Maria De Lipsis, l’ex giudice della Corte dei Conti Luigi Pietro Maria Caruso. Destinatario dell’ordinanza anche il deputato dell’assemblea regionale siciliana Giuseppe Gennuso. In totale sono cinque gli episodi contestati dai magistrati di piazzale Clodio. In base agli accertamenti le mazzette messe a disposizioni dei presunti giudici corrotti erano di 150mila euro.
Con ordinanza del 25 giugno 2019 il Gip di Roma, dott.ssa Daniela Caramico D’Auria, accogliendo la richiesta avanzata dalla Procura di Roma, ha disposto l’archiviazione del procedimento penale, citato nell’articolo, in favore dell’avv. Francesco Marascio e degli altri indagati.