L’immunità che garantisce uno ‘scudo’ dai processi ai vertici dell’ex Ilva in amministrazione straordinaria, ora nelle mani di ArcelorMittal, scadrà il 30 marzo 2019 e non al termine del completamento del piano ambientale. Tra tre settimane, quindi, i manager che gestiscono l’acciaieria di Taranto non saranno più schermati sotto il profilo penale da quanto stabilito nel decreto Salva-Ilva del governo Renzi nel 2016. È quanto sostiene il coordinatore nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli. Non ci sarebbe quindi bisogno di alcuna modifica da parte del governo, sulla quale i ministri Sergio Costa e Barbara Lezzi hanno spiegato nei giorni di scorsi di essere al lavoro, garantendo che la norma verrà abrogata a breve.

Nella conferenza stampa nella quale ha ribadito la correttezza dei dati forniti nei giorni scorsi sugli aumenti delle emissioni nocive dalla fabbrica ionica, Bonelli ha spiegato che “il fatto che l’immunità penale concessa agli affittuari e futuri acquirenti dell’ex Ilva scada il 30 marzo 2019 lo si rileva anche da un passaggio del provvedimento con il quale il gip di Taranto Ruberto ha disposto la trasmissione degli atti alla Consulta sollevando sul tema una questione di legittimità costituzionale”.

Il riferimento è alla pagina 17 del documento con il quale il gip Benedetto Ruberto lo scorso 8 febbraio ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sostenendo che i decreti “salva Ilva” sono in contrasto con i principi della Costituzione e che il ricorso così frequente ai decreti legge pone un interrogativo: se cioè “il legislatore abbia finito con il privilegiare, con le ultime norme contenute nei cosiddetti decreti “salva Ilva”, in modo eccessivo l’interesse alla prosecuzione dell’attività produttiva, trascurando del tutto le esigenze di diritti costituzionali inviolabili quali la salute e la vita stessa, nonché il diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso”.

Ed è in questo documento che il giudice Ruberto ha sottolineato che stando a quanto emerge da un punto di vista letterale dalle diverse norme che si sono susseguite, l’immunità per ArcelorMittal che ora gestisce l’ex Ilva di Taranto scadrà il prossimo 30 marzo. Lo stesso magistrato, però, ha parlato di un incomprensibile “scollamento” tra questo dato letterale e l’interpretazione logica fatta dall’avvocatura dello Stato che nel parere fornito il 21 agosto 2018 al ministero dello Sviluppo Economico ha dichiarato che l’immunità penale per i gestori “operi per tutto l’arco temporale in cui l’aggiudicatario sarà chiamato ad attuare le prescrizioni ambientali impartite dall’amministrazione” e cioè  quindi “coincidente con la data di scadenza dell’autorizzazione integrata ambientale in corso di validità” che è fissata per il 23 agosto 2023.

Nella conferenza stampa Bonelli ha aggiunto che tutto questo sia noto al ministro dell’Ambiente Costa: “È  chiaro – conclude – che da oggi si apre una questione molto importante: la rinnoveranno o non la rinnoveranno? Io sono sicuro che non la rinnoveranno”. Parole che in sostanza sembrano una risposta alle dichiarazioni rilasciate dal ministro del Sud, Lezzi, pochi giorni con le quali aveva affermato che il governo avrebbe abolito lo scudo per i nuovi padroni dell’acciaio tarantino.

Del resto a Taranto la tensione tra 5stelle e ambientalisti cresce ogni giorno. Ieri il parlamentare grillino Giovanni Vianello sui social, pur confermando che “il problema a Taranto” esiste e rappresenta “un’emergenza su cui porre la massima attenzione”, ha lanciato una stoccata sottolineando che Arpa Puglia aveva “rilevato l’uso improprio dei dati sulle emissioni da parte di Peacelink”. Una sorta di replica alle aspre contestazioni ricevute qualche settimana fa, quando proprio gli ambientalisti ionici nel corso di un incontro gli offrirono zucchero e caffè: “Perché questi sono i doni che a Taranto si offrono per tradizione – avevano spiegato – quando muore qualcuno e a Tarano i 5stelle – avevano aggiunto – sono morti”.

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