Biossido di azoto e trattamento delle acque reflue: sono i due fronti su cui la Commissione europea va avanti nelle procedure di infrazione e deferisce l’Italia alla Corte di giustizia Ue. Una decisione che era nell’aria già da qualche giorno e che si aggiunge alla lista dei deferimenti, delle sentenze e delle procedure ancora aperte nei confronti del nostro Paese in tema di ambiente. In particolare, l’Italia dovrà rispondere alla Corte Ue per la ripetuta violazione dei limiti annuali e orari di biossido di azoto (NO2) nell’aria delle città e per il mancato adeguamento alle norme Ue dei sistemi di trattamento delle acque di scarico in oltre 700 agglomerati e 30 aree sensibili dal punto di vista ambientale con più di duemila abitanti. Una vicenda che rischia di costare cara alle casse dello Stato.

SUPERATI I LIMITI DI NO2 – Per quanto riguarda il deferimento per i livelli di biossido di azoto, il provvedimento fa seguito alla messa in mora e al parere motivato inviato alla Corte Ue da parte della Commissione nell’ambito della procedura di infrazione 2015/2043. I dati ‘sotto accusa’ sono quelli di dieci agglomerati italiani, per una popolazione di circa sette milioni di persone. Aree nelle quali non sarebbe stata applicata la direttiva comunitaria del 2008, a cui il nostro Paese avrebbe dovuto invece adeguarsi entro il 2010. Nove anni di ritardo. I limiti da non superare sono quello annuale (40 microgrammi per metro cubo) e orario (200 microgrammi per metro cubo, limite che non si può superare per più di 18 giorni l’anno). Una decina gli agglomerati interessati: Milano, che è l’unica città italiana ad aver sforato anche il limite orario nel periodo 2010-2013, Torino, Bergamo, Brescia, ma la Commissione indica in generale l’area della Pianura Padana. E ancora Genova, Firenze, la costa toscana, Roma (per il periodo 2010-2013), Campobasso, Catania (per il 2012 e per il periodo che va dal 2014 al 2015) e alcune aree industriali siciliane (per il biennio 2010-2012 e per il periodo 2014-2015).

I PAESI EUROPEI E LA QUALITÀ DELL’ARIA – Sempre per lo sforamento dei limiti di biossido di azoto sono già stati deferiti davanti alla Corte europea di Giustizia altri Stati, tra cui Regno Unito, Germania e Francia. L’Italia, tra l’altro, è già stata deferita a maggio 2018 (insieme a Romania e Ungheria) per lo sforamento dei limiti di PM10. Limiti stabiliti dalla legislazione europea che dovevano essere raggiunti entro il 2005 e che invece sono stati sforati in 28 aree, comprese le regioni Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto, dove i valori limite giornalieri sono stati costantemente superati, arrivando nel 2016 fino a 89 giorni. In totale sono una ventina i Paesi che hanno avuto o hanno contenziosi con Bruxelles sulla qualità dell’aria.

I SISTEMI FOGNARI – In materia di adeguamento dei sistemi fognari e di depurazione il deferimento alla Corte Europea riguarda la procedura 2014/2059 per la violazione di una direttiva del 1991, ossia la mancata depurazione delle acque di scarico. Il provvedimento riguarda comuni e aree in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto. Sulla materia, l’Italia ha tre procedure in corso. Oltre a questa appena giunta al deferimento, ci sono altre due infrazioni per cui la Commissione è arrivata alla messa in mora e una quarta giunta a sentenza. L’Italia è stata già condannata a pagare sanzioni milionarie per la mancata conformità in oltre 70 agglomerati da 15mila abitanti, con una spesa da 52 milioni di euro al 28 febbraio, tra 25 milioni di forfait e la mora semestrale di oltre 30 milioni.

QUANTO E PER COSA PAGA L’ITALIA – Dal 2011 i contribuenti hanno pagato 589 milioni di euro di multe di sanzioni all’Ue, relative a cinque procedure di infrazione. Per le discariche abusive, finora sono stati sborsati 204 milioni di euro (40 milioni come forfait, più 42,8 milioni ogni sei mesi, che sono però degressivi, ossia diminuiscono ogni volta che una discarica rientra nella legalità). Solo per i rifiuti della Campania (la condanna è del 2015) l’Italia ha versato finora 151 milioni di euro, un forfait di 20 milioni, a cui si aggiunge una penalità non degressiva di 120mila euro al giorno.

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