Avviarli o no, questo è il problema. La decisione sui nuovi bandi dell’Alta Velocità Torino-Lione va presa entro lunedì: in gioco, ha ricordato la Commissione Ue, ci sono 800 milioni di euro che in caso di mancato avvio delle gare l’Italia potrebbe perdere. Il tempo è agli sgoccioli, ma l’ultima parola del governo gialloverde tarda ad arrivare. In serata è arrivato, invece, un duro botta e risposta tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio.
A tre giorni dalla dead line di lunedì la decisione definitiva appare ancora lontana. Sulla sponda pentastellata la questione è stata affrontata durante l’assemblea dei gruppi di senatori e deputati M5S in corso alla presenza del capo politico del Movimento. Che in vista del vertice aveva inviato una lettera ai parlamentari in cui confermava il no all’opera e spiegava: “Per fermare il Tav ci sono due passaggi. Il primo è quello del blocco dei bandi e ciò può avvenire o tramite una delibera del Cdm o tramite un atto bilaterale Italia-Francia che intervenga direttamente sul CdA di Telt. Il secondo è quello del passaggio parlamentare per il no definitivo all’opera. Su tutti e due questi passaggi non c’è un accordo tra le due forze di governo”. In serata, di fonte ai parlamentari pentastellati il capo politico del Movimento ha poi ribadito: “Per me fa fede l’analisi del Ministero delle Infrastrutture, che dice che è negativa l’opera”, per questo “non sono disposto a mettere in discussione il ‘No'”. “Per noi i bandi devono essere sospesi proprio perché stiamo ridiscutendo l’opera, come previsto dal contratto“, ha aggiunto. Stefano Patuanelli, capogruppo del Movimento al Senato, è andato oltre: “Se c’è la Tav non c’è governo, se c’è governo è perché non c’è Tav”.
Sull’altro versante, il serata è intervenuto Matteo Salvini: “L’Italia ha bisogno di più infrastrutture, più strade, più ferrovie – ha detto il vicepremier leghista intervistato durante Diritto e rovescio, su Rete 4 – Dobbiamo andare avanti bisogna sbloccare, aprire, scavare“. “Io ho pazienza con tutti e ascolto tutti, ma ho anche la testa dura – ha proseguito il segretario della Lega – nessun ministro leghista firmerà lo stop ai bandi. Vedremo chi ha la testa più dura: sono disposto per carattere a rivedere, a migliorare però nessuno sulla faccia della terra mi convincerà mai che è meglio spendere soldi per chiudere un buco invece che per finirlo e farci passare un treno”. Se i 5 Stelle con il no al Tav vanno fino in fondo, “ci vado anche io“, ha aggiunto Salvini.
La replica di Di Maio non si fa attendere: “Abbiamo solo chiesto la sospensione dei bandi per un’opera vecchia di 20 anni – commenta il vicepremier M5s – lo abbiamo chiesto perché previsto dal contratto siglato tra M5S e Lega. E cosa fa Salvini? Oltre a forzare una violazione del contratto minaccia pure di far cadere il governo? Se ne assuma le responsabilità di fronte a milioni di italiani. Io questo lo considero un comportamento irresponsabile, proprio mentre siamo in chiusura su due misure fondamentali come il reddito di cittadinanza e quota 100. Dovrà spiegare il suo comportamento anche ai truffati dalle banche”.
Una indicazione precisa sulla decisione che il governo prenderà in vista della scadenza era attesa dalla conferenza stampa convocata da Giuseppe Conte. Ma non è arrivata: “Stiamo dando attuazione al contratto di governo – ha detto il premier ai giornalisti a Palazzo Chigi – ci siamo impegnati in un’opera e una discussione prima tecnica e ovviamente politica di ridiscussione integrale dell’opera”. “Che piaccia o meno il professor Ponti ha fatto la sua analisi onorevolmente e in modo molto plausibile”, ha detto il capo del governo in riferimento all’analisi costi-benefici chiesta dal M5s e al vertice notturno tenuto nella nottata di ieri a Palazzo Chigi, sottolineando che “il punto di riferimento sono gli esperti nominati dal ministro Toninelli presso il Mit”. “Io stesso ho espresso forti forti dubbi e perplessità sulla convenienza della Tav e lo ribadisco – ha proseguito Conte, sbilanciandosi per la prima volta sulla questione – Non sono affatto convinto che questo sia un progetto infrastrutturale di cui l’Italia ha bisogno”. Per questo “l’unica strada, alla luce dei forti dubbi emersi, è procedere ad un’interlocuzione con i partner di questo progetto, Francia e Ue, per condividere questi dubbi e le perplessità”.
Il dubbio principale, secondo il premier – che oggi ha incontrato a Palazzo Chigi Mario Virano, direttore generale di Telt, la società italo-francese incaricata di realizzare e poi gestire l’opera – è di carattere economico: “C’è un interrogativo che è emerso: cioè il criterio di finanziamento. Quest’opera è finanziata in buona parte dall’Italia, in misura più modesta dalla Francia e poi dalla Ue. Il fatto che ci sia iniqua ripartizione oneri è stata giustificata dal fatto che la nostra tratta è più contenuta. Ma al momento non risultano opere nazionali francesi. E’ chiaro che allo stato il criterio di ripartizione finanziamenti non appare equo“. Poi, rispondendo alla domanda di una giornalista circa la scadenza di lunedì per l’avvio dei bandi, Conte arriva al dunque e ammette: “Abbiamo forze politiche con sensibilità politiche differente” e “siamo in stallo anche sui bandi”. Tuttavia, assicura il premier, l’esecutivo non rischia: “Escludo assolutamente che possa nascere da questo confronto schietto, serrato, una crisi di governo. Sarebbe assurdo“.