Sul Tav “sono emerse criticità” che impongono “un’interlocuzione con gli altri soggetti partecipi del progetto”. Per fare cosa? “Verificare la perdurante convenienza dell’opera alla luce delle più recenti stime dei volumi di traffico su rotaia“. E quindi sondare “la possibilità di una diversa ripartizione degli oneri economici, originariamente concepita anche in base a specifici volumi di investimenti da effettuare nelle tratte esclusivamente nazionali”. Tradotto: siccome rispetto al passato il traffico di merci dall’Italia alla Francia è diminuito, il governo cercherà di contrattare la propria quota di investimenti sulla Torino-Lione con Parigi e con l’Ue. È quello che fa sapere la Presidenza del consiglio alla fine del vertice notturno durato 5 ore. Che non sono bastate per prendere una decisione definitiva. “Saranno necessari ulteriori incontri non essendoci un accordo finale“, ha spiegato Palazzo Chigi in una nota. Come dire: Lega e M5s sono rimasti sulle rispettive posizioni.
Il tempo stringe. La decisione sui nuovi bandi va presa entro lunedì: in gioco, ha ricordato la Commissione Ue, ci sono 800 milioni di euro che, in caso di mancato avvio delle gare, l’Italia potrebbe perdere. La questione sarà affrontata durante l’assemblea dei gruppi di senatori e deputati M5S convocata per le 19 alla presenza di Luigi Di Maio. In vista del vertice il vicepremier e capo politico del M5s ha inviato una lettera ai parlamentari in cui conferma il no del Movimento all’opera e spiega: “Per fermare il Tav ci sono due passaggi. Il primo è quello del blocco dei bandi e ciò può avvenire o tramite una delibera del Cdm o tramite un atto bilaterale Italia – Francia che intervenga direttamente sul CdA di Telt. Il secondo è quello del passaggio parlamentare per il no definitivo all’opera. Su tutti e due questi passaggi non c’è un accordo tra le due forze di governo”.
A una mossa del genere la Lega è pronta ad opporsi, votando in Consiglio contro lo stop ai bandi. Il premier Giuseppe Conte in queste ore sta valutando tutte le ipotesi sul tavolo: ha incontrato a Palazzo Chigi Mario Virano, direttore generale di Telt, la società italo-francese incaricata di realizzare e poi gestire l’opera, e dovrebbe rendere noto come vuole procedere in una conferenza stampa dopo il Consiglio supremo di difesa in programma alle 17.00. Alle 19.30, poi, è in calendario il consiglio dei ministri, dove – fanno sapere fonti di Palazzo Chigi – vorrebbe portare un dpcm per fermare i bandi.
Nel frattempo la Francia ha aumentato il pressing sul governo italiano e ha fornito una prima, parziale indicazione rispetto alla questione dei finanziamenti. Durante un’intervista su CNews, la ministra dei Trasporti Elisabeth Borne ha ricordato che l’Europa “finanzia il 40%, ma ha detto che è pronta a salire al 50% per questo progetto molto importante”. Parigi ha “firmato un trattato con l’Italia che prevede la realizzazione di questo tunnel: spero che gli italiani ci diranno domani che realizzeranno il tunnel insieme a noi”, ha proseguito il ministro. “Non faremo un tunnel da soli: spero che domani diranno sì”, ha insistito Borne riferendosi al governo di Roma: “Confido che gli italiani confermino il loro impegno“.
Salvini: “Io eletto per sbloccare – “Ho le idee chiare e spero che si chiuda più presto possibile. Se ho speso soldi per scavare un buco sotto una montagna, preferisco spendere altri soldi per finirlo, quel buco, piuttosto che per tornare a riempirlo. Non sono stato eletto per bloccare ma per sbloccare“, sostiene Matteo Salvini. Molto diversa la posizione dell’altro vicepremier, Luigi Di Maio, che però, intervistato da Affaritaliani.it, rassicura sulla tenuta del governo: “Crisi di governo no. Ma vertice infruttuoso sì. Ci riproviamo oggi”. Poi, alla domanda ‘Come se ne esce?’ Di Maio risponde: “È tosta”.
A entrare più nel merito degli aspetti tecnici, in replica a Salvini, è il capogruppo M5s al Senato Stefano Patuanelli: “L’analisi costi benefici ci dice che è un’opera profondamente in rosso. Questa un’opera che è partita nel ’94. Se ci prendiamo qualche settimana in più, come Governo, non credo che sia un vero problema”, conferma Patuanelli. I deputati e i senatori dei 5 stelle si riuniranno stasera alle 19 con Di Maio. La posizione dei grillini – fanno sapere fonti dei 5 stelle – rimane ferma su no. Mezz’ora dopo è convocato un Consiglio dei ministri che potrebbe costituire nuova sede di confronto. Nel frattempo il Senato ha approvato la mozione di maggioranza sulla Torino-Lione con 139 sì e 105 no. Il documento – firmato dai due capigruppo Massimiliano Romeo e Stefano Patuanelli – è già stato approvato alla Camera e impegna il Governo a “ridiscutere integralmente il progetto del Tav”. Insomma: un altro modo per prendere tempo.
Il vertice notturno – D’altra parte non sono bastate tre ore di riunione con i tecnici, e poi due di confronto politico, per avvicinare le posizioni di leghisti e pentastellati . Al tavolo sono rimasti fino all’ultimo il premier Giuseppe Conte, i vicepremier Di Maio e Salvini, il ministro Danilo Toninelli e i sottosegretari Armando Siri e Edoardo Rixi. Ma la quadra sulla Torino-Lione non si è trovata. Al momento non si hanno ancora notizie di un aggiornamento del vertice, a parte il Cdm delle 19 e 30. Nella notte Di Maio e Salvini hanno lasciato Palazzo Chigi scuri in volto: la crisi di governo viene evocata da entrambi i partiti, come esito estremo dell’irrigidirsi delle posizioni.
Il confronto tra squadre di tecnici – In mattinata, dunque, è arrivata una nota della presidenza del consiglio per spiegare cosa è successo nella notte. “La prima parte della riunione è stata dedicata ad approfondire l’analisi costi-benefici acquisita dal Mit, analisi che è stata illustrata dai componenti della Commissione Ramella e Beria. Sono intervenuti in questa fase vari altri esperti che hanno affiancato i membri del Governo e hanno contribuito a sviscerare i contenuti dell’elaborato tecnico in tutti i suoi aspetti”. In pratica è la parte del summit in cui si è affrontato il versante tecnico del dossier. Presenti due squadre di professori, una del M5s e un’altra della Lega. I tecnici riuniti sono undici e tra questi il Movimento porta due membri della commissione che ha bocciato l’opera con l’analisi costi-benefici: Paolo Beria, docente del Politecnico di Milano e Francesco Ramella, ingegnere del Politecnico di Torino. A completare la squadra ecco Gaetano Marzulli, giurista e capo staff di Toninelli al Mit. Poi c’è Pierluigi Navone, anche lui al ministero, dove è a capo della Direzione per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie e Pasquale Pucciariello, coordinatore della task force sulla relazione giuridica dell’opera. La Lega “risponde” con una sua squadra in cui figura Pierluigi Coppola, l’unico componennte di quella commissione a non firmare le conclusioni volute dal professor Marco Ponti (quest’ultimo assente annunciato). Insieme a Coppola alla riunione sono arrivati: Alberto Petroni, docente del dipartimento di Ingegneria e Architettura di Parma, Carlo Vaghi, ex assessore leghista di Bollate, docente di economia della Bocconi, e militante del Carroccio dagli anni Novanta, Gino Ferretti, rettore dell’università di Parma dal 2000 al 2013, Francesco Parola, docente di economia e gestione delle imprese a Genova.
“Non c’è accordo. Servono nuovi incontri” – Quindi, dopo tre ore, si sono seduti al tavolo solo i politici. Insieme a Conte, Di Maio, Salvini, Toninelli ci sono i due sottosegretari ai Trasporti della Lega Armando Siri e Edoardo Rixi, il capogruppo M5s al Senato Stefano Patuanelli e il presidente della commissione Trasporti a Palazzo Madama Mauro Coltorti. “La riunione – continua la nota della presidenza del consiglio – è poi proseguita alla presenza della sola componente politica, che ha approfondito tutte le più ampie implicazioni – di ordine politico, sociale ed economico – del progetto infrastrutturale. La riunione è proseguita sino a notte inoltrata”. Cosa si è deciso alla fine del confronto politico? “Si è convenuto – spiega Palazzo Chigi – che l’analisi costi-benefici sin qui acquisita pone all’attenzione del Governo il tema del criterio di ripartizione dei finanziamenti del progetto tra Italia, Francia e Unione Europea. A distanza di vari anni dalle analisi effettuate in precedenza e, in particolare, alla luce delle più recenti stime dei volumi di traffico su rotaia e del cambio modale che ne può derivare, sono emerse criticità che impongono una interlocuzione con gli altri soggetti partecipi del progetto, al fine di verificare la perdurante convenienza dell’opera e, se del caso, la possibilità di una diversa ripartizione degli oneri economici, originariamente concepita anche in base a specifici volumi di investimenti da effettuare nelle tratte esclusivamente nazionali. Saranno necessari ulteriori incontri non essendoci un accordo finale“.
“Ripartizione oneri economici” – Insomma le posizioni restano quelle diametralmente opposte registrate prima della riunione. La Lega vuole un Sì senza più rinvii, anche a costo di chiamare i cittadini piemontesi a pronunciarsi con un referendum o di far decidere a un voto del Parlamento. Il M5s ha reso quella per il No una vera e propria battaglia della politica. Fughe in avanti, avvertono dall’una e dall’altra parte, rischiano di far cadere il governo. E quindi il premier prova a prendere tempo chiedendo un confronto con Parigi e Bruxelles sui criteri di finanziamento dell’opera. Visto che le stime sul traffico merci da Torino a Lione sono molto inferiori rispetto a quelle di 25 anni fa – quando l’opera era stata progettata – l’esecutivo chiederà alla Francia e all’Unione Europea di ridiscutere la “ripartizione degli oneri economici, originariamente concepita anche in base a specifici volumi di investimenti da effettuare nelle tratte esclusivamente nazionali”. Ma è sempre Chigi a confermare che “saranno necessari ulteriori incontri non essendoci un accordo finale”. Sui bandi, al momento, nessuna decisione: “Aspettiamo le valutazioni giuridiche“, viene spiegato. Ma lunedì 11 marzo il cda di Telt dovrà dare il via libera ai bandi.
Patuanelli: “Francia non è chiara”. Francia: “Italia confermi sì” – “L’analisi costi benefici ci dice che è un’opera profondamente in rosso. Oltre al dato tecnico c’è quello politico che è quello del contratto di Governo che si sta facendo fare tante cose per il Paese e che prevede anche la ridiscussione integrale dell’accordo Italia-Francia. Una ridiscussione del progetto, perché rispetto all’interesse di entrambi i paesi su questa opera ci sono diverse perplessità e anche la posizione della Francia non mi sembra sia così chiara”, dice il capogruppo M5s al Senato Stefano Patuanelli. “Abbiamo firmato un trattato con l’Italia che prevede la realizzazione della Torino-Lione. Speriamo che gli italiani ci confermeranno domani che realizzeranno con noi questo tunnel. È un progetto molto importante per il traffico merci Italia-Francia. Attualmente solo l’8% del trasporto merci tra la Francia e l’Italia passa per le rotaie contro il 70% tra Italia e la Svizzera. L’obiettivo di questo tunnel è permettere di sviluppare il trasporto ferroviario e di ridurre il numero dei tir nelle vallate delle Alpi. Tutti aspettano la decisione del governo italiano”, dice la ministra dei Trasporti francese, Elisabeth Borne. “Se non arriverà il via libera dell’Italia al progetto – secondo la ministra – non faremo di certo il tunnel da soli ma speriamo che domani ci diranno di sì. In effetti una decisione è attesa per domani. Conto che gli italiani confermeranno gli impegni presi e questo trattato internazionale firmato insieme”.
Comité Transalpine Lyon-Turin: “Prevalga il buon senso” – “Seguiamo l’evolversi della situazione da molto vicino. Certi aspetti del dibattito ci sembrano irrazionali. Il governo italiano è chiaramente sovrano, speriamo che il buon senso prevalga”: lo ha detto il delegato generale del Comité Transalpine Lyon-Turin, Stéphane Guggino. Sulla possibilità di rivedere la ripartizione delle spese Francia-Italia, fonti francesi vicine al dossier non commentano ma suggeriscono che “esiste anche la possibilità di far finanziarie dall’Ue anche i lavori delle vie d’accesso nazionali, come altri progetti transfrontalieri”.
Il sondaggio e la crisi- Intanto secondo un sondaggio Emg Acqua presentato oggi ad Agorà, su Raitre, alla domanda “secondo lei il Movimento dovrebbe dire No alla Tav, anche a costo di far cadere il Governo?”. Il 57% degli elettori del Movimento Cinque Stelle ha risposto sì. Il 38% invece ha risposto no. Alla domanda se la Lega sia disposta a far cadere il governo per fare la Tav, il viceministro del Carroccio allo Sviluppo Economico, Dario Galli, ha risposto: “Non devo deciderlo io questo, fortunatamente. Certo questo è uno degli argomenti non secondari, mettiamola così”. “Se si facesse l’analisi costi-benefici relativa all’azione di contrasto alla mafia piuttosto che a tante, discutibili, opere pubbliche (che convengono a tanti privati sicuramente, al pubblico non si sa…) ragioneremmo di risorse per istruzione, sanità, giustizia, sicurezza”, twitta in mattina Nicola Morra, senatore del M5s e presidente della Commissione parlamentare Antimafia.